«Non è mio figlio: sono gay»

Giovane madre trascina il compagno in tribunale


Ubaldo Cordellini


TRENTO. Quel figlio proprio non lo vuole. Tanto che nega possa essere suo perché lui è omosessuale. Un giovane trentino è stato trascinato davanti al tribunale dei minorenni dalla sua ex compagna che gli chiede di riconoscere il suo bambino. Il piccolo ha due anni e vive con la mamma. Non ha mai visto il padre, o almeno presunto padre. L'uomo, infatti, nega che il bambino sia suo. Questo per un motivo semplice: a suo dire lui è gay e non prova attrazione per l'altro sesso, quindi non può essere il padre del piccolo.

La madre racconta tutta un'altra storia e chiede un risarcimento danni una tantum di 5 mila euro, oltre a un assegno mensile di 500 euro. Per questo motivo, la giovane donna ha iniziato un'azione di riconoscimento di paternità davanti al tribunale dei minori di Trento. Nel suo ricorso la donna ricostruisce tutta la vicenda. I due giovani hanno 26 anni entrambi. Sono studenti. Si sono conosciuti a Trento alcuni anni fa. Tra i due sarebbe nata dapprima una simpatia e poi un vero e proprio amore. Tanto che sarebbero andati anche a vivere insieme.

Due anni fa, però, la ragazza è rimasta incinta. Durante tutta la gestazione il ragazzo le sarebbe stato vicino. Le avrebbe promesso di prendersi cura di lei e del bambino. Però le promesse non si sono trasformate in fatti. Quando il ragazzo ha informato la sua famiglia di cosa era successo le cose sono cambiate. I genitori del ragazzo, infatti, erano sempre stati contrari a questa relazione. Il giovane aveva assicurato alla ragazza di darle aiuto e di sostenerla economicamente. Però, già verso la fine della gravidanza è sparito. La ragazza è rimasta delusissima da questo atteggiamento. Lo ha cercato più volte. Sia al telefono che di persona.

I due hanno anche avuto un colloquio chiarificatore. E proprio in questa sede il giovane ha detto che il bambino non poteva essere suo perché lui è omosessuale e non è attratto dalle donne. A questo punto, la ragazza si è sentita ingannata e tradita. Per un paio d'anni, però, ha deciso di occuparsi del bambino senza chiedere nulla a quello che lei ritiene il padre. Ora, però, arriva l'azione di riconoscimento con la richiesta di un assegno di mantenimento cospicuo. Sarà il tribunale a decidere anche con il test del dna.













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