Diamante falso, gioielliere nei guai
Era accusato di aver sostituito la pietra vera con una copia sintetica: ha pagato
TRENTO. Una cliente lo accusava di aver sostituito un diamante da 8 mila euro con una pietra sintetica. Per questo motivo un notissimo gioielliere di Cavalese, Renato Damiano Tomasicchio, era accusato di truffa. Ieri la vicenda è arrivata in aula, in Tribunale a Trento, ma si è subito conclusa. Il tempo per il giudice Enrico Borrelli di constatare che la parte civile aveva rimesso la querela. Così il gioielliere, difeso dall'avvocato Giuseppe Pontrelli, è stato prosciolto per mancanza di querela. Tomasicchio è titolare di una delle più note gioiellerie del Trentino orientale, la Husty & Alaska di Cavalese. Il gioielliere ha risarcito la donna, difesa dall’avvocato Vittorio Perrone, pagando il valore della pietra, 8 mila euro, più le spese. In tutto una somma vicina a 20 mila euro.Ad accusarlo una sua cliente storica. La donna, una sessantenne lombarda con casa a Cavalese, sosteneva di aver portato, il 28 luglio 2013, un anello con diamante a lucidare nel negozio di Tomasicchio. Un anello che lei stessa aveva comprato da Tomasicchio molti anni fa. La pietra sarebbe stata, però, sostituita con una sintetica. La donna, però, si sarebbe resa conto subito che qualcosa non andava e che quella che le era stata restituita dal gioielliere non era la pietra originale. Così è tornata in negozio per chiedere spiegazioni. Sempre secondo quanto sostenuto dalla cliente, il gioielliere, però, sarebbe caduto dalle nuvole. Per dimostrare le propria totale buona fede avrebbe anche consegnato alla signora una seconda pietra che avrebbe danneggiato, scheggiandola, nell'operazione di lucidatura. La cliente ha preso la pietra e poi ha deciso di andare fino in fondo.
Così si è rivolta a un perito gemmologo. In questo modo si è scoperto che entrambe le pietre che le sarebbero state consegnate dal gioielliere erano false. A questo punto, la signora si è decisa a presentare querela nei confronti di Tomasicchio. La Procura ha ritenuto che vi fossero gli estremi per sostenere l'accusa in giudizio. Così si è arrivati in aula ieri davanti al giudice Borrelli. L'accusa per il gioielliere era quella di truffa. Prima dell'udienza, però, le parti devno aver trovato un accordo, dal momento che la cliente ha rimesso la querela, atto necessario per la procedibilità. Con la remissione della querela il giudice ha dichiarato la non procedibilità nei confronti di Tomasicchio.
La donna, però, avrebbe molto desiderato recuperare la pietra originale. Purtroppo, però, non è stata trovata e si è dovuta accontentare del risarcimento.