Calenda con Dellai: «L’Italia rischia» 

Il ministro: «No agli irresponsabili che vendono scorciatoie. Gentiloni può garantire ancora al Paese riforme e unità» 


di Chiara Bert


TRENTO. Un italico Macron, il manager con la passione della politica. Con una differenza che non è un dettaglio: Carlo Calenda, ministro dello sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni, la campagna elettorale 2018 la fa da non candidato, «con la libertà - chiarisce - di spendermi per chi conosco e stimo», in questo caso Lorenzo Dellai, candidato di Civica Popolare sul proporzionale e nel collegio della Valsugana.

Il ministro più social del momento ieri è salito fino a Trento, periferia dell’impero snobbata da tutti i big nazionali. E in attesa di capire cosa sarà del suo futuro politico dopo il 4 marzo, ha deciso di spendersi per il centrosinistra, «perché l’Italia è a un crocevia pericoloso»: «Non sono elezioni comuni, il rischio di smontare il lavoro fatto e riportare il Paese dentro una crisi profondissima è concreto. Vedo ricette assurde».

Endorsement per Dellai. «Ho il privilegio di poter andare dove conosco i candidati e dove li reputo persone di qualità. Conosco Lorenzo molto bene, ha lavorato bene per il territorio e per il Paese e può portare un valore aggiunto in una legislatura che si annuncia molto complessa»

Avanti con Gentiloni. «Ho sempre detto - prosegue il ministro - che Gentiloni è un ottimo premier e auspico che possa continuare perché ha la capacità di portare avanti il Paese sulla strada delle riforme ma anche di dargli un senso di rassicurazione e unità». «L’Italia non è uscita dal tunnel, non possiamo permetterci coalizioni contraddittorie - avverte- serve un governo con un programma solido. Se si troverà bene, altrimenti si faccia una nuova legge elettorale e si torni a votare». Alla domanda su un suo possibile futuro da ministro non si sottrae: «Il mio lavoro non è quello del parlamentare, lo dico con rispetto. A me piace gestire, è una vocazione. Se si riapre la possibilità, in un governo che mi convince, non ho preclusioni ma non mi pongo l’obiettivo finché non accade».

Il centrodestra? Ricette assurde. C’è, per Calenda, «un fronte populista superficiale e incompetente che rischia di mandare l’Italia gambe all’aria». Cita la Lega che vuole tassare «i robot che produciamo» e mettere i dazi «non quelli contro il dumping che abbiamo fatto mettere noi, ma per farlo bisogna stare a Bruxelles e non come fa Salvini a girare in felpa». Il ministro attacca a muso duro il leader della Lega: «Ha fatto una cosa imperdonabile, è andato davanti ai cancelli di una fabbrica in crisi dicendo che se ne sarebbe occupato. Ha mentito, non lo ha fatto. La crisi di Ideal Standard l’abbiamo risolta ma volutamente l’ho tenuta fuori dalla campagna elettorale. In un Paese normale quello che ha fatto Salvini meriterebbe un passo indietro». «Non ci sono scorciatoie - prosegue il ministro - la strada è lunga, le ferite dell’Italia ancora aperte, i problemi complessi come l’industrializzazione che spiazza». Flat tax? «Non discuto di cose che non vedremo mai, siamo al folklore».

Servono diplomati tecnici. Nella sua giornata trentina il ministro ha dedicato due momenti agli imprenditori. Prima a Palazzo Stella, da Confindustria, a parlare di «Industria 4.0», il suo piano (vedi articolo a fianco). Poi, nel pomeriggio, incontro con gli artigiani a Pergine. «Le imprese trentine stanno utilizzando massicciamente il pacchetto Industria 4.0 con un aumento degli investimenti di circa il 30%, lievemente superiore alla media nazionale anche se questo territorio deve esportare di più. È un piano che premia gli imprenditori che investono, e sta funzionando». Sul fronte degli investimenti pubblici, indica nello snodo logistico del Brennero e della rotaia, la chiave di volta per espandere l’export.

L’altro tema, che il ministro definisce «drammatico» , è la carenza di diplomati e laureati con competenze tecniche per le aziende: «L’ultima legge di bilancio ha raddoppiato i fondi agli istituti tecnici superiori ma vanno moltiplicati per dieci». Cita la Germania, «800 mila diplomati contro i nostri 8 mila», «nel programma del centrosinistra vogliamo portarli a 100 mila. Il manifatturiero senza competenze non cresce». Ma agli industriali di Cuneo che hanno invitato i giovani a “studiare da operai per trovare lavoro”, lancia una stoccata: «Ci mandassero i loro figli a fare gli operai!». «Detto questo, non c’è niente di disdicevole a fare l’operaio o le scuole professionali di secondo livello. Mia figlia lo ha fatto, scuola di fotografia». Non commenta invece gli ultimi contatti con i vertici Whirlpool sulla crisi Embraco: «Riferirò ai sindacati, ci stiamo lavorando moltissimo e oggi abbiamo varato un miliardo per le reindustrializzazioni dando la possibilità di rilevare aziende in crisi in continuità proprio pensando al caso Embraco. Il paracadute ora c’è».















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