Affitti fino a 14 mila euro nel Giro al Sass

Le cifre sono esorbitanti. Rigotti di Fimaa: «Ma oggi anche le banche rinegoziano e i proprietari dei muri si adeguano»


di Luca Marognoli


TRENTO. «Ho visto negozi che pagano anche 14 mila euro al mese». Le parole di Severino Rigotti, presidente della sezione trentina della Fimaa, la Federazione italiana mediatori agenti d'affari, suonano gravi come quelle della celebre battuta di Blade Runner (“Ho visto cose che voi umani...”), ma non hanno nulla di fantascientifico. É tutto vero. Gli affitti nel Giro al Sass hanno raggiunto il livello di guardia. Sostenibile per le grandi catene, insostenibili per le botteghe (anche quelle “storiche” come la gioielleria Menestrina, che se ne va dopo 180 anni, come abbiamo scritto ieri) e i piccoli negozi di vicinato. «Finché l'economia tira non ci sono problemi, quando c'è crisi - ed è innegabile che ci sia - anche la locazione diventa una voce ponderante nel bilancio di un'azienda», dice Rigotti. Che parte dai franchising: «Le griffe non solo vogliono arrivare dappertutto, ma sono anche disposte a perdere da una parte e guadagnare dall'altra. Il loro è un tessuto globale. Quando passano la mano, vendono il know-how ma anche una rete commerciale fatta di migliaia di negozi sparsi per il mondo: il fatto di essere presenti ovunque ha il suo peso. Fra l'altro hanno anche la necessità di essere così capillari perché hanno fabbriche dietro che devono smerciare il proprio prodotto. E se lo stesso articolo non va da una parte, lo spostano dall’altra: da Verona a Madrid o Mosca». La necessità di queste aziende - spiega Rigotti - è «di andare sempre nel circuito dove c'è maggior passaggio».

Per il piccolo commerciante locale il discorso cambia: «Lui è obbligato a tenere tanti marchi, quindi da una parte compra e dall'altra vende. In mezzo però ci sono costi di vario genere: per il personale, il magazzino, la locazione. Quando diventano proibitivi, il titolare deve porsi il problema se valga la pena di tenere aperto. Rispetto alle catene, quindi, siamo di fronte a due modi di ragionare completamente diversi».

I prezzi di locazione - continua il presidente di Fimaa - sono difficili da rilevare perché «molto soggettivi». C’è però una novità importante: tra i proprietari dei muri, la tendenza, rispetto al periodo ante-crisi, è quella di ridurre le pretese economiche, pur di avere certezze sulla solvibilità degli affittuari e sulla durata della locazione. «Negli anni felici erano abituati bene: oggi, alla scadenza del contratto, anche le banche, che una volta erano una garanzia di entrata nel tempo, cercano di rinegoziare i prezzi di locazione. E se la proprietà non ci sente, dicono grazie e se ne vanno. Così i locatori, piuttosto che restare con un immobile sfitto, soprattutto quando l’affittuario è affidabile, abbassano il canone o non chiedono aumenti, il che per loro è comunque una perdita a fronte di un aumento del costo della vita. Ma la sicurezza dell’entrata è importante e io consiglio ai miei clienti di trattare». Nel Giro al Sass oggi si vedono vetrine vuote, cosa impensabile anni fa, e qualcuno, pur di tenersi il cliente, scende da 50 a 30 euro al metro quadro. Poi capita chi, come nel caso accaduto a Menestrina, chieda 400 euro al mese in più, «senza rendersi conto - commenta Rigotti - che significano 5 mila euro l’anno e 60 mila nei 12 di locazione». Cifre che possono costringere i negozianti ad arrendersi e abbassare le serrande.













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