Pilo non fu diffamato: in appello assolti Carotta e Ulivieri 

Accostarono il termine «cancrena» all’associazione l’Uomo Libero. In primo grado venne ritenuto un «fatto lieve»


di Katia Dell’Eva


RIVA. In primo grado Tommaso Ulivieri e Mirko Carotta ne erano usciti con una sentenza di «non punibilità» perché il fatto venne ritenuto dal giudice Carlo Ancona «lieve».

Nella sostanza, non si trattava di un’assoluzione (la sentenza resta nel casellario giudiziario per dieci anni) e, infatti, i due esponenti di Riva Bene Comune avevano deciso di impugnare la decisione di primo grado nella speranza di ottenere una piena assoluzione nella vicenda che li vedeva opposti a Valter Pilo. I due, infatti, erano stati denunciati dall’imprenditore per una frase contenuta nel programma della lista Riva Bene Comune durante la campagna elettorale alle amministrative del 2015. Al presidente de l’Uomo Libero non era piaciuto l’accostamento della sua associazione al mondo dell’estrema destra e del neofascismo e ancor meno aveva apprezzato il termine «cancrena» riportato nel documento. Da qui la querela che aveva portato all’imputazione dei due storici esponenti della sinistra altogardesana. Questi (in primo grado difesi dall’avvocato Renato Ballardini, in appello da Claudio Malfer) hanno sempre sostenuto che si trattava di una legittima posizione di carattere politico. Posizione evidentemente contestata da Pilo che, attraverso il suo legale, ha ritenuto diffamatorio l’accostamento soprattutto alla luce dell’attività di carattere umanitario e culturale che ha sempre svolto l’associazione l’Uomo Libero.

In primo grado, appunto, a Carotta e Ulivieri era stata riconosciuta la «lievità del fatto», ma ieri i giudici della Corte d’appello hanno assolto entrambi perché il fatto non costituisce reato. Insomma, un’assoluzione piena.

A Pilo (che per altro ha querelato una seconda volta Ulivieri che ha riproposto la stessa frase) non resta che la strada del ricorso per Cassazione.













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