Margherita Valentini supera anche la paura del Covid 19 

Dardine. Una storia a lieto fine e un messaggio di riconoscenza che vuole trasmettere anche un senso di sicurezza in ognuno di noi. Nei giorni scorsi Margherita Valentini, persona molto conosciuta a...



Dardine. Una storia a lieto fine e un messaggio di riconoscenza che vuole trasmettere anche un senso di sicurezza in ognuno di noi. Nei giorni scorsi Margherita Valentini, persona molto conosciuta a Predaia e in tutta la Val di Non soprattutto per la sua attività nel mondo del volontariato (lei è la “mamma” di Fiorinda) e della scuola dell’infanzia, si è dovuta recare in ospedale a Trento per un evento cardiaco che sembrava grave e aveva spaventato lei e i cardiologi che la seguono da tempo con professionalità e amicizia.

“Potete immaginare quale potesse essere il mio timore (terrore?) nel recarmi al Santa Chiara al tempo del Covid – racconta Margherita –. Tremavo come una foglia, terrorizzata dalla possibilità di contrarre il virus che tanto ci spaventa. Dopo la presa in carica in codice rosso al Pronto soccorso, però, mi sono subito sentita al sicuro”. Margherita racconta di parametri di sicurezza altissimi, in particolare per l’accesso all’ospedale. Per mettere piede nella struttura, infatti, bisogna passare attraverso la tenda pre-triage oppure dal Pronto soccorso. Qui due infermiere misurano la febbre con il termoscanner e verificano che il paziente non abbia avuto sintomi o contatti con persone risultate positive al Covid. Prima dell’ok al ricovero, viene effettuato un tampone.

“Sono quindi stata portata in cardiologia, dove sono stata accolta (questo è il termine giusto, accolta) dal personale sanitario di ogni livello – continua Margherita –. Il mio cuore era sotto controllo e non avrei più dovuto aver paura di morire”. Il giorno seguente, insieme al medico di reparto dottor Valle, al primario professor Bonmassar e ai cardiologi di riferimento dottor Guarracini e dottor Marini, sono stati stabiliti i criteri relativi ai controlli da svolgere. Nel frattempo la vita in ospedale proseguiva tra le chiacchiere con la nuova amica Giuseppina e la mancanza della propria famiglia. “L’isolamento affettivo è la prova più dura da affrontare – rivela Margherita – anche se non mancavano i contatti telefonici più volte al giorno”.

Dopo tre giorni di ricovero in osservazione, però, una notte è tornata la paura. “Una terribile crisi di panico si è impossessata di me in modo del tutto irrazionale. Avrebbero potuto sedarmi, ma non ho voluto. Due infermiere sono state i miei angeli custodi: mi sono state vicine, mi hanno protetta e ascoltata per una notte infinita”. Giunto il mattino, è ritornato anche il sereno. Le parole con i compagni di stanza Alberto e Angelo sanno di tranquillità. Poi, il rientro in valle. “Ora sono tra le mura sicure di casa, il mio cuore stanco si riposa, tra le braccia della mia famiglia. Ma non posso pensare di non ringraziare l’Azienda Sanitaria, il reparto di Cardiologia per le cure e le premure, i dottori, primi fra tutti l’amico dottor Marini e la dottoressa Selmi, primaria di psicologia clinica, e l’infermiera Chiara”.+

Il messaggio che Margherita ci tiene a lanciare è che non bisogna aspettare di stare troppo male prima di recarsi in ospedale. “Andateci tranquilli – dice in conclusione – c’è più sicurezza lì che al di fuori, non rischiate la vita per la paura del Covid”. F.B.













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