«Natalità, servono aiuti diretti» 

Culle vuote. Massimo Sebastiani, presidente della Consulta delle famiglie: «In Trentino le erogazioni per i figli sono meno della metà rispetto all’Alto Adige, dove si ricevono centinaia di euro al mese per ogni nato. E non a caso in provincia di Bolzano il tasso di fecondità è all’1,5»


Valentina Leone


Trento. Accanto ai servizi o alle opportunità - dai nidi allo sport, fino alla cultura - per frenare il calo delle nascite, in Trentino, servirebbero più aiuti diretti alle famiglie. E maggiori premialità sui benefici erogati, ad esempio quelli relativi alla casa. Ne è convinto Massimo Sebastiani, presidente della Consulta provinciale delle famiglie e coordinatore provinciale, insieme alla moglie Federica Betta, dell’associazione Famiglie numerose. Sebastiani interviene dopo la diffusione dei dati sulla natalità in Trentino, che nel 2019 hanno fatto segnare un calo sotto la soglia psicologica di 4000 nati.

«Premetto che la nostra provincia, rispetto al resto d’Italia, è, insieme a Bolzano, quella che mette a disposizione di più sul tema famiglie. Sta facendo parecchie cose, con tanto investimento anche sulla diffusione della cultura della famiglia. Su nidi e materne la copertura è ottima e non ci si può lamentare. Rispetto però all'Alto Adige riscontriamo un deficit rispetto alle erogazioni dirette, che possono essere quelle che fanno la differenza in molti casi: non è una coincidenza, a mio avviso, se Bolzano sia l'unica provincia con il tasso di fecondità superiore all’1,5. In Alto Adige - prosegue Sebastiani- per ogni figlio si ricevono centinaia di euro al mese, qui l'assegno unico dà qualcosa, ma in media è meno della metà».

I soldi incentivano, ma da soli ovviamente non bastano: «Ci vogliono dei grandi volani, naturalmente. Ad esempio sulla casa, così come su tutta una serie di agevolazioni, che tu sia single, in coppia o con 3-4 figli spesso non fa la differenza: andrebbero inseriti degli indicatori, in modo trasversale in tutti i provvedimenti, nei quali si tiene conto del gettito di natalità della coppia. Detto questo metter su famiglia non è facile: ci vuole sacrificio, bisogna mettersi molto in gioco, serve denaro ma anche tempo. È faticoso».

Quanto incide la precarietà lavorativa? «Fa la differenza - il pensiero del presidente della Consulta delle famiglie - ma non credo sia solo quello il problema. Una situazione economica tranquilla cambia, però per quello che vedo io a volte anche quando c'è stabilità manca il tempo. In Trentino - conclude Sebastiani - la situazione occupazionale è migliore rispetto ad altre regioni, eppure il tasso di natalità non si differenzia molto».

Diversa la ricetta proposta da Cgil, Cisl e Uil, che in una nota si dicono “allarmati” per un dato delle nascite, nel 2020, che non supera i 4000 bebè. «Di fronte ad una situazione come questa, servono politiche integrate perché i bonus bebè hanno dimostrato di fallire nell’obiettivo di invertire la tendenza», dicono in coro Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti. «A questo proposito, il 2020 è stato il primo anno di attuazione dell’assegno di natalità che la Giunta Fugatti aveva annunciato in pompa magna nell’estate del 2019 ed introdotto con l’assestamento di bilancio dello stesso anno per garantire un bonus annuo a partire da 1.200 euro per i primi tre anni di vita di ogni nuovo nato. Siamo sempre stati scettici rispetto a misure di questo tipo - spiegano i sindacalisti - perché nessuno fa un figlio perché per tre anni riceve un premio. A nostro avviso invece bisogna puntare sulla valorizzazione del lavoro femminile e sul potenziamento dei servizi all’infanzia, aumentandone la qualità, la flessibilità e la diffusione sul territorio a tariffe sempre più contenute. Laddove si ampliano i servizi di conciliazione, le donne che hanno occupazioni professionalmente stabili e redditualmente soddisfacenti aumentano immediatamente la propensione a fare figli, anche rispetto alle fasce di popolazione meno istruita e più povera».

C’è poi il tema dell’integrazione dei cittadini stranieri, visto come ulteriore occasione per aumentare il tasso di natalità. «Quasi un quarto di tutti i bambini nati nel 2020 sono figli di cittadini stranieri. Anche per questo bisognerebbe investire sulla loro integrazione. Ma su questo fronte - denunciano i segretari generali delle tre confederazioni - la Giunta leghista ha dimostrato tutta la propria mancanza di lungimiranza. Basti pensare - l’amara conclusione dei sindacati confederali - alla vergogna di aver introdotto nell’assegno di natalità il requisito di residenza di 10 anni».













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