«Dai siciliani c'è molto da imparare»

Serena Curti e il racconto su Gela: sono commossa da tutta questa attenzione



 TRENTO. Eccola qui, l'autrice del racconto su Gela e la Sicilia che sta infiammando il web: 24 anni, di Trento, maturità al liceo linguistico "da Vinci", ora iscritta all'università a Bologna dove studia Gestione e innovazione delle organizzazioni culturali e artistiche, Serena Curti è un po' frastornata dal faro "internettiano" puntato su di lei. Che quel racconto, paradossalmente, lo aveva scritto solo per sé. «Sì, una settimana dopo la vacanza che ho fatto in agosto a Gela - racconta - in Sicilia c'ero già stata una volta ma parecchi anni fa, e in un'altra località. Non avevo intenzione di divulgarlo, erano pensieri miei, buttati su carta perché quello che ho visto, le persone che ho conosciuto, mi avevano molto colpito. Poi ho saputo dell'iniziativa "Il mio Trentino", della possibilità di vederlo pubblicato sul giornale. E così l'ho spedito, ma non avrei mai immaginato che potesse succedere quello che sta succedendo».  Aveva mai scritto prima un racconto o un articolo? Magari su un blog?  No, non ho nessun blog. Quando scrivo lo faccio per me, e qualche volta mi è capitato, ma non ho mai divulgato nulla. Questo, eccezionalmente, l'ho fatto leggere all'amico di Gela da cui ero andata in vacanza e gli è piaciuto molto. Ed è stato lui a linkarlo sul sito di una webradio di Gela, Radio Altra Voce, una radio dell'Arci. Io non l'avevo fatto leggere neppure ai miei familiari.  Che cosa pensava di trovare in Sicilia prima di partire? Aveva pregiudizi?  In realtà l'idea principale è che sarei morta dal caldo: sono stata là dal 16 al 22 agosto... Ero andata a trovare un amico che mi aveva parlato moltissimo di Gela. Avevo una grande curiosità: quella di visitare questa terra guidata dagli occhi di un siciliano. E mi ha fatto conoscere tante persone che si danno da fare per cambiare la situazione, non con le parole ma attraverso i fatti.  Ad esempio?  Penso proprio ai ragazzi della webradio dell'Arci, impegnati in tante manifestazioni e nell'informare sui problemi dell'area di Gela.  Ha visto il polo petrolchimico? Sapeva del record di Gela relativo alle costruzioni abusive?  L'ho visto, certo. Quando ero là mi hanno anche raccontato che il depuratore delle acque non funzionava e il petrolchimico scaricava in mare, su questo c'è in corso anche un'inchiesta. I problemi là ci sono e sono gravi, senza dubbio: Gela non è il paradiso terrestre. Ma c'è anche molto altro.  Ha trovato qualcosa, a Gela, a cui pensa che non riuscirebbe mai ad abituarsi?  Il traffico. Il modo di guidare. Motorini con due persone senza casco che rombano sui marciapiedi... a Trento li metterebbero in galera.  E qualcosa invece che a Trento manca?  Le strade e le piazze piene di gente, dai bambini agli anziani, a tutte le ore. C'è un senso di comunità che noi ci sogniamo. Quando sono tornata qui, una sera ero in città dopo le 22: strade vuote, nessuno che passeggiava. Ed era una sera di agosto. A Trento avremo anche le strade presidiate dalle telecamere, ma sono strade desolatamente vuote.  Leggendo il racconto, non è stata solo a Gela.  Sono stata a Modica, a Noto, Capo Passero, Isola delle Correnti, la costa sud-est insomma. Ma anche nella Valle dei Templi. E in effetti la città di Agrigento è un po' troppo vicina ai monumenti...  E la mafia? Ne ha avvertito la presenza?  La mafia c'è eccome, ma io la intendo in una accezione più ampia: la mafia non è solo il boss con le collane d'oro che manda i picciotti ad ammazzare la gente, la mafia è anche fatta di motociclisti senza casco, di imprenditori che pagano lo stipendio e non i contributi, di lavoro nero senza contratto. La mafia per me è l'illegalità, in generale.  Ha letto che il suo racconto è piaciuto anche al capo della Procura della Repubblica di Gela?  Davvero non mi aspettavo tanta attenzione. Tutti quei commenti in internet... Prendersi anche solo due minuti per intervenire scrivendo è un bel segno di partecipazione. E mi sono commossa quando ho letto tutti quei "grazie". Mi auguro che tutte le persone che lo hanno scritto possano agire individualmente per migliorare la loro città che hanno dimostrato di amare tanto.  Alcuni hanno scritto che da Gela se ne sono andati perché non ne potevano più.  Io parto dal presupposto che ogni persona, come singolo, deve fare la propria parte: se una cosa non ci piace, dobbiamo essere noi stessi a cercare di cambiarle. Ma con i fatti, non con le parole. Le persone che se ne vanno senza fare nulla ci saranno sempre.  Crede che i trentini abbiano la stessa volontà di cambiare le cose?  Io credo di sì: per restare ai racconti dei lettori, penso a quello che avete pubblicato sui problemi ambientali della Valsugana. Da noi però manca il senso della comunità che ho avvertito a Gela. Se si esce alle 22 e per strada non si trova nessuno, significa che la gente pensa solo ai propri affari. Se le strade non fossero deserte, non servirebbero le telecamere: la sicurezza, prima di tutto, la dà la comunità.  Lei vivrebbe a Gela?  Sì, sarebbe una straordinaria esperienza formativa.  Che cosa dovremmo imparare dai siciliani?  Il senso dell'ospitalità. Noi trentini non siamo capaci di accogliere un siciliano come loro sanno fare con noi. (p.mor.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano