«Lavori nel fiume, pesanti ripercussioni sull’ecosistema»

Arco. Torna a far sentire la propria voce l’Associazione Amici della Sarca che dopo vari appelli e richieste di intervento sia da parte delle autorità competenti che da parte del Parco Fluviale della...



Arco. Torna a far sentire la propria voce l’Associazione Amici della Sarca che dopo vari appelli e richieste di intervento sia da parte delle autorità competenti che da parte del Parco Fluviale della Sarca, organo per loro determinante nella gestione del principale immissario del Garda, ora denunciano le strategie d’intervento di pulizia dell’alveo in corso da qualche settimana nella zona arcense e più in particolare nella zona industriale del Linfano. Sotto attacco non solo il taglio della vegetazione, ma soprattutto le dragature che gli Amici della Sarca reputano inadeguate in quanto distruttive degli ecosistemi oltre che non risolutive del problema principale, ossia quello di prevenire la fuoriuscita del fiume dagli argini.

«L’ultima piena del fiume, con una portata raramente vista in passato, aveva provocato numerosi danni, determinato diverse prese di posizione sulla stampa e portato alla costituzione di un comitato che ha chiesto a gran voce, “provvedimenti contro la piena della Sarca” - scrivono — Le competenze sugli interventi nell’alveo dei fiumi, nella nostra Provincia sono attività assegnate alla formale scelta e responsabilità del Servizio Bacini Montani della Provincia. In questi giorni abbiamo avuto occasione di renderci conto dell’entità degli interventi che sono in corso nel fiume, in particolare all’altezza della zona industriale, con taglio della vegetazione e rimozione di materiali ghiaiosi dall’alveo. L’impressione che abbiamo riportato è quella di lavori con un forte impatto sul fiume che, a nostro avviso, potranno determinare pesanti ripercussioni sull’ecosistema fluviale». Per gli Amici della Sarca si tratterebbe di interventi non adatti allo scopo né supportati da adeguata documentazione tecnico-scientifica. «Secondo gli esperti - spiegano - è diffuso il luogo comune per cui la presenza di ammassi di materiali ghiaiosi nei nostri fiumi sarebbe da annoverare tra le cause delle sempre più frequenti alluvioni, in quanto questi materiali avrebbero innalzato il letto dei fiumi, riducendone la sezione di deflusso ed aumentando quindi i rischi di esondazione. Questa ipotesi - chiariscono - non è suffragata da basi tecnico-scientifiche, anzi, i dati e le analisi in possesso degli esperti dovrebbero sconsigliare tali interventi. Togliendo materiale sedimentato si rischia di favorire un’ulteriore incisione e di accrescere il pericolo idraulico».

La soluzione dovrebbe prevedere interventi per dissipare l’energia del corso del fiume, per rispettare le fasce boscate naturali e la morfologia degli alvei oltre che delle aree di espansione naturali. «Secondo il nostro punto di vista, il Parco Fluviale - chiosano - può costituire l’ambito più appropriato, per il confronto tra i diversi “portatori di interesse”, per l’ individuazione, con il supporto degli esperti, delle soluzioni tecniche di intervento più idonee da adottare per far fronte alle piene del fiume». Serve, quindi, maggior dialogo tra le parti e una regia comune condivisa. L.O.















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