Giro d'Italia

Il borsino di Fondriest: «Dumoulin campione da Tour de France»

«Nei prossimi anni l’olandese sarà uno degli uomini da battere, le salite della Grande Boucle sono per lui»


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Il successo di Tom Dumoulin e la sconfitta di Nairo Quintana e Vincenzo Nibali. Il Giro d’Italia del Centenario che respinge l’assalto degli scalatori e promuove sul gradino più alto del podio un cronoman. I “tapponi” che deludono le attese e le frazioni di media montagna – come la Pordenone-Asiago – che regalano spettacolo. E anche il bilancio del ciclismo italiano al termine della Corsa Rosa 2017. Questi i temi che abbiamo affrontato con Maurizio Fondriest, il noneso campione del mondo di Renaix 1988 al quale da tempo abbiamo assegnato il ruolo di nostro opinionista d’elezione. L’ex professionista di Cles ha seguito anche quest’anno per intero il Giro d’Italia: contattato telefonicamente proprio sulla strada del ritorno, ci regala le proprie impressioni.

Fondriest, per lei è stato un bel Giro d’Italia? Qualcuno è rimasto deluso per l’attendismo degli scalatori.

Tecnicamente è stato un Giro di alto livello. A chi dice che è rimasto deluso dagli scalatori, rispondo che Dumoulin è un cronoman, ma va davvero forte anche in salita. È un corridore anomalo, potente, ma pesa solo 69/70 chili. Non dimentichiamoci che ha già rischiato di vincere la Vuelta ed aveva vestito la maglia rosa anche l’anno scorso. Il ciclismo, se vogliamo, dal punto di vista del pathos è cambiato in peggio, perché tutti i ciclisti sono preparati tecnicamente e tatticamente, la fantasia non ha più spazio. Questi cambiamenti dovrebbero imporre più che grandi dislivelli, finali di tappa difficili. Gli attacchi da lontano saranno sempre più rari. Ma, ditemi, chi avrebbe potuto attaccare a queste velocità? Gli scalatori hanno fatto tutto quello che potevano, anche se forse va fatto un discorso a parte per Quintana. Tornando allo spettacolo, la prima parte del Giro forse è stata più noiosa, sull’Etna con quel vento non si poteva certo attaccare, ma già al secondo arrivo in salita qualcosa è successo. Eppoi, quante volte ha cambiato padrone la maglia rosa? Per me è stato uno dei giri più entusiasmanti.

Le piace Tom Dumoulin? Che tipo di ciclista è? È il prototipo dell’uomo da corse a tappe del futuro, un cronoman capace di vincere anche in salita?

Di talenti come il suo, negli ultimi anni, ne sono venuti fuori pochi. Quello che è certo, è che gli scalatori puri, in futuro, dovranno sperare che nelle grandi corse a tappe ci siano poche cronometro e di non incrociare uno come Tom. Ha 26 anni, nei prossimi anni sarà uno degli uomini da battere. È saltato quando stava per vincere la Vuelta, che però era più dura di questo Giro d’Italia. Lo vedo bene anche al Tour de France, perché le salite della Grande Boucle sono più regolari di quelle del Giro d’Italia. Non aveva una grande squadra, ma chi l’aveva, la Movistar? A Ortisei Quintana è rimasto con uno, due uomini, Nibali aveva Pellizotti. Dumoulin era da solo, qualche scalatore la sua squadra dovrà ingaggiarlo. Ma è anche vero che, senza l’indisposizione della tappa dello Stelvio, il Giro d’Italia sarebbe finito molto prima. Diciamo che è stato un bene per lo spettacolo.

Come giudica il secondo posto di Nairo Quintana? Il suo rendimento è stato condizionato da un programma in realtà incentrato anche sul Tour de France?

L’anno scorso è salito sul podio al Tour, ma non stava bene. Adesso scopriamo che anche al Giro d’Italia 2017 ha avuto la febbre. Sembra sempre un po’ in riserva, ci ha provato, ma prendeva poche decine di metri di vantaggio. È sempre un po’ sulla difensiva, come corridore piace meno di Nibali, che è più aggressivo. E credo che la prospettiva di correre anche il Tour non c’entri: lui era qui per vincere il Giro e poi semmai cercare la doppietta.

Nibali le è piaciuto?

Non mi convince fino in fondo la scelta che ha fatto negli ultimi anni, correndo poco, prima del Giro d’Italia, ho l’impressione che ci arrivi meno pronto. Forse al Blockhaus e a Oropa le gambe gli sono mancate per quello, ma giudicare da fuori è sempre difficile. Chi lo segue, Paolo Slongo, queste valutazioni le avrà fatte con grande attenzione. Comunque ha chiuso in crescendo ed è rimasto sugli standard dell’anno scorso, quando vinse il Giro, ma il livello era più basso.

Qual è stata la tappa che le è piaciuta di più?

Quella di Asiago, perché nel finale gli avversari di Dumoulin ci hanno provato davvero fino all’ultimo, è stata quella più spettacolare.

Non ha particolarmente entusiasmato la Tirano-Canazei, per usare un eufemismo...

Certo, non era un tappone, ma gli organizzatori del Giro d’Italia non avrebbero comunque potuto inserire una tappa troppo difficile tra quella dello Stelvio e il “tappone dolomitico”. E quelli locali non hanno grandi strumenti per fargli cambiare idea, quando il “disegno” della corsa a tappe è già definito. Detto questo, fermo restando il passaggio per Palù di Giovo e la necessità di avere una tappa di mezza montagna, qualche idea per renderla più spettacolare l’avrei avuta.

Il ciclismo italiano non esce proprio benissimo dal Giro del Centenario. Lei che ne pensa?

Trovare un altro paese che porta a casa terzo e sesto classificato e una vittoria di tappa non è facile. Ma ha fatto quasi tutto Nibali.. Se si dava un’occhiata agli ordini d’arrivo era una pena. Erano assenti Aru e Viviani, ma al nostro movimento qualche talento manca, non è certo un mistero.

Twitter: @mauridigiangiac

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