«Gli Europei di Trento,  poi i Mondiali: con quelli ho un conto aperto» 

Nuova squadra, soliti obiettivi. Il borghigiano passa dal CCC Team all’UAE Emirates: nel mirino sempre una Classica, una tappa ad un grande Giro e la medaglia d’oro in maglia azzurra


LUCA FRANCHINI


Nuova squadra, stessi obiettivi. Una vittoria pesante in una Classica, quella che ancora gli manca, un nuovo successo di tappa in un Grande Giro, gli Europei di Trento e i Mondiali in Belgio, in cerca di un riscatto d’oro dopo l'amarezza d’argento del 2019.

L’asticella di Matteo Trentin è alta, altissima, e non potrebbe essere altrimenti per un corridore che è già riuscito a vincere tappe in tutti e tre i Grandi Giri e a vestire la maglia di campione europeo. Quella iridata è sfumata allo sprint lo scorso anno. Il 31enne di Borgo Valsugana, che vive con la compagna Claudia e i figli Giovanni e Jacopo nel Principato di Monaco, è reduce da un 2020 meno esaltante dell’annata precedente, complice la pandemia e qualche noia fisica. Nel 2021 cambierà maglia, passando dal CCC Team alla Uae Emirates del vincitore del Tour de France Tadej Pogacar.

«Non è stata la stagione che mi aspettavo – spiega Trentin da Montecarlo - La pandemia ci ha messo del suo, ma non è una scusante. Lo possono essere, in parte, le due botte alle ginocchia che ho rimediato in Belgio in primavera e alla Milano-Sanremo in agosto. Mi hanno dato un po’ di noie. Si è corso poco, c'è stata un po’ di fortuna e in alcune occasioni sono stato io a non essere all’altezza».

L’impressione è che, nel post lockdown, il livello fosse più alto del solito.

«Sono stati frantumati record, sia di potenza che di velocità, in gran parte delle corse. Ci sono stati quattro o cinque corridori, come Van Aert, Roglic, Alaphilippe, Demare e Hirschi, che hanno azzeccato tutto. E hanno vinto tanto. Quello che era successo a me nel finale della scorsa stagione».

Si è corso meno rispetto a un’annata normale (51 giorni di gara per Trentin rispetto agli 80 del 2019, ndr), ma la stagione è stata più lunga.

«Proprio così, perché nel periodo di stop non abbiamo fatto vacanza, anzi. Chi, come me, ha vissuto un periodo in lockdown, ha dovuto prestare ancora più attenzione. Bisognava restare in forma, controllare il peso. Mantenersi attivi anche di testa».

Cosa ha lasciato in eredità l'anomalo 2020?

«Per molti, sia organizzatori che squadre, una crisi con cui fare i conti nel prossimo futuro. Tutti aspettano che il mondo riparta, perché l’economia sportiva si basa sull’economia reale».

Ma ha lasciato anche qualcosa di positivo.

«Da ciclista sono fiero di come il nostro sport sia riuscito a riprendere in maniera sicura. Le “bolle” hanno funzionato, il ciclismo ha fatto segnare una bassissima percentuale di positivi tra coloro che sono stati testati. Squadre e atleti hanno dimostrato grande senso di responsabilità. Sono stati attuati protocolli rigidi, seri e soprattutto sostenibili. Era l’unica possibilità che avevamo per correre, per far sopravvivere il nostro movimento: tutti si sono comportati molto bene».

Il Covid-19 lascerà sicuramente qualche strascico.

«Il primo lo ha già lasciato. Nel 2021 non si faranno le consuete gare di gennaio in Australia. Quest’estate tutti dicevano “dai che ce la facciamo”. Ora nessuno si azzarda a guardare più in là del “domani”. La cosa più difficile da fare, adesso, è proprio programmare».

In questo senso lei come si sta comportando?

«Ho ricominciato a pedalare con calma. Le prime corse dovrebbero essere in febbraio».

Da disputare con la nuova maglia della Uae Emirates. Ha già preso confidenza con l'ambiente?

«Finora ho avuto modo di conoscere più la dirigenza che i compagni. Proprio per questo spero che, in gennaio, si riesca a fare il ritiro programmato ad Abu Dhabi. Fare gruppo è fondamentale».

I suoi obiettivi, invece?

«Le coordinate della mia stagione sono le stesse ormai da alcuni anni. Sicuramente non mi vedrete al Trofeo dello Scalatore. Punterò sulle Classiche, parteciperò a un Grande Giro. Poi ci saranno gli Europei di Trento, che cadrebbero in un periodo ideale. Appena prima del campionato del mondo, con cui ho un conto aperto da saldare».

A proposito di Grande Giro: sa già a quale?

«È uno degli aspetti da definire. La mia nuova squadra ha in organico il vincitore uscente del Tour de France (Pogacar, ndr) e vorrà provare a confermarsi. Questo implica che il gruppo lavori compatto per un grande obiettivo. Ne parleremo con lo staff e decideremo il da farsi».

La speranza, intanto, è che si torni presto alla normalità.

«Fortunatamente la mia famiglia non è stata toccata dal virus, ma sarebbe bello tornare alla libertà di sempre, a spostarsi quando e come si vuole. A me manca quello».

Com’è la situazione nel Principato di Monaco?

«Qui è tutto aperto, scuole incluse, e i ristoranti possono lavorare anche la sera. C'è il coprifuoco alle 20, eccezion fatta proprio per chi esce a cena – conclude Matteo – Rispetto alla prima ondata del virus, comunque, c'è molta più rigidità e attenzione».

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