Titolo V, il Trentino rischia sulle competenze

Energia, grandi reti, territorio: la riforma riporta tutto in campo allo Stato Rossi: «Tendenza centralista sbagliata, per noi clausola di salvaguardia»



TRENTO. «Stop alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni», è lo slogan che campeggia su una delle slide presentate dal premier Renzi nella conferenza stampa post consiglio dei ministri. Una delle novità contenute nella riforma del Titolo V della Costituzione: Stato e Regioni non più concorrenti ma alleati, è l’assunto del presidente del consiglio. Come? Con lo Stato che (articolo 117del disegno di legge costituzionale) amplia le materie in cui ha competenza esclusiva: dal coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario all’ordinamento scolastico, dall’istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica alla previdenza integrativa, dalla produzione, trasporto e distribuzione dell’energia al governo del territorio e l’urbanistica, dalle grandi reti di trasporto di interesse nazionale (vedi il dibattito sulla Valdastico, ndr) alla programmazione strategica del turismo, dal sistema nazionale della protezione civile alla sicurezza del lavoro. Settori che - dall’energia al turismo, dall’urbanistica alla ricerca e all’università - vanno a toccare direttamente competenze che oggi sono delle Province di Trento e Bolzano.

E non a caso i due governatori Ugo Rossi e Arno Kompatscher - ieri a Roma per la Conferenza delle Regioni convocata proprio per discutere della riforma del Titolo V e del nuovo Senato delle autonomie - hanno subito piantato i loro paletti chiedendo clausole di salvaguardia per l’autonomia. «Il testo del disegno di legge è una base di partenza - premette Rossi - il superamento del bicamerismo perfetto è positivo e il Senato delle autonomie potrebbe svolgere un ruolo di composizione dei conflitti. Da parte nostra c'è ampia disponibilità a lavorare assieme alle altre regioni perché questa possa trasformarsi in una occasione di riforma che tuteli non solo le autonomie speciali ma implementi un processo di regionalismo che è utile all'intero Paese». Ma non sfugge a Rossi che la proposta Renzi tutto è tranne che un passo in avanti verso il regionalismo. Anzi, la riforma sopprime quel “federalismo ad assetto variabile”, norma che prevede la possibilità di trasferire ulteriori competenze alle Regioni ordinarie. E stabilisce che lo Stato può intervenire in materie non di sua esclusività «per esigenze di tutela dell’unità della Repubblica o di realizzazione di riforme economico-sociali di interesse nazionali».

«Per noi - avverte Rossi - qualsiasi riforma non può implicare una riduzione dell'autonomia, di qui la necessità di prevedere apposite clausole di salvaguardia». «C’è una tendenza sbagliata a riportare competenze a livello centrale, mentre un impianto regionalista fa bene anche allo Stato, anche per ridurre la spesa pubblica» .(ch.be.)













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