Superata quota 900 Zeni: «Niente hotel solo piccoli gruppi»

Negli ultimi 4 giorni arrivati a Rovereto 75 nuovi migranti Attesa di 14 mesi per la risposta sullo status di rifugiato



TRENTO. Venticinque sono arrivati al centro di Marco venerdì, altrettanti sabato, e altri 25 tra ieri e oggi. Il conto delle presenze dei profughi in Trentino ha superato così quota 900, a fronte di un contingente assegnato dallo Stato di 963 richiedenti asilo. Numeri che - in attesa di una ridistribuzione a livello europeo che però incontra fortissime resistenze - sono destinati ad aumentare visto che i viaggi della speranza sui barconi continuano, e dunque gli sbarchi sulle coste siciliane.

Il piano di accoglienza della Provincia si regge su due capisaldi: da un lato due centri di smistamento (Marco di Rovereto e, tra qualche settimana, le ex caserme di via al Desert a Trento), dall’altra un’accoglienza a lungo termine in piccoli gruppi diffusi sul territorio. «La nostra competenza è sull’organizzazione - ha ricordato ieri l’assessore Luca Zeni - abbiamo scelto di gestire l’accoglienza in prima persona, invece di delegarla alla prefettura come avviene nel resto d’Italia, come atto di responsabilità. Abbiamo detto no a parcheggiare i richiedenti asilo per mesi e mesi in alberghi, e per questo motivo anche negli ultimi giorni ho rifiutato tre offerte di hotel, nelle valli, che avrebbero potuto ospitare 60 profughi l’uno. Ma noi abbiamo scelto un modello diverso, che prevede un confronto con le amministrazioni comunali per accogliere i migranti in piccoli gruppi, così da favorire l’accettazione sociale da parte dei residenti e da aiutare l’integrazione». «Questo può inizialmente allungare i tempi, ma alla lunga - rivendica l’assessore - facilita l’attivazione di una rete di volontariato sul territorio che rappresenta una forma di controllo sociale e allo stesso tempo permette di impiegare i profughi in lavoretti a titolo gratuito». Non si tratta di lavoro sottratto ai trentini, chiarisce Zeni: «Per legge i richiedenti asilo non possono lavorare, ma possono dare una mano nella comunità dove vivono, dallo sfalcio dei prati all’aiuto nelle Rsa. Quando lo abbiamo proposto, nessuno ha rifiutato e i risultati nei Comuni dove sono ospitati sono positivi».

Nei prossimi giorni l’assessore concluderà in val di Fiemme il giro di incontri con i sindaci: «Nelle ultime due settimane stiamo ricevendo 4-5 offerte al giorno da privati». Top secret il dove, la cautela è massima per evitare che scattino allarmi e che qualche forza politica protesti prima del tempo. «Prima di firmare un contratto abbiamo preso l’impegno di confrontarci con i sindaci e facciamo accurati sopralluoghi», aggiunge Zeni.

Degli oltre 900 profughi attualmente in Trentino, la gran parte sono uomini. Poche le famiglie, che vengono tenute unite. Ci sono anche minori non accompagnati, ragazzini di 16-17 anni che hanno attraversato il mare da soli e per i quali risulta ancora più importante il sostegno degli psicologi per i popoli, l’associazione che collabora con il Centro di Marco. In questo momento - ha detto l’assessore - ci sono anche due donne incinte, che vivono a Dro.

L’attesa per ottenere una risposta dalla commissione che valuta le richieste di asilo è lunga, in media 14 mesi, a cui se ne aggiungono 6 per eventuali ricorsi. Più del 50% dei profughi appena può lascia l’Italia, dunque anche il Trentino, diretto verso altri Paesi, Germania e Nord Europa. «Ma il tempo in cui restano va utilizzato per costruire integrazione», insiste Zeni. Il quale ribadisce anche un altro concetto: «I 30 euro al giorno per ogni profugo accolto non sono soldi sottratti ai trentini, sono soldi che lo Stato ci dà per questo preciso obiettivo». Di questi, una percentuale se ne va per vitto e alloggio, un’altra per le associazioni che si occupano della gestione e dei corsi, una parte per trasporti, buoni spesa e 2,5 euro al giorno di pocket money. «Ma noi siamo virtuosi e stiamo spendendo meno, 27,5 euro a profugo», ha tenuto a sottolineare ieri il presidente Ugo Rossi.

(ch.be.)

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