Software libero, 5 milioni di risparmio

E' la stima di quanto potrebbe smettere di pagare la Provincia per tutti i suoi computer


Paolo Morando


TRENTO. Cinque milioni di euro. È la somma che potrebbe risparmiare ogni anno la Provincia se decidesse di utilizzare nei propri uffici i cosiddetti software liberi, strumenti informatici gratuiti insomma al posto degli attuali, la cui licenza va acquistata. La stima è del consigliere provinciale del Pd Michele Nardelli, che ha appena presentato un disegno di legge in materia di "adozione del software libero e open source, dei formati di dati aperti e di diritti digitali del cittadino": se approvato, otterrebbe appunto questo risultato. Ed è una stima per giunta al ribasso.

Non è semplice calcolare la cifra precisa che Piazza Dante è costretta a sborsare ai produttori, a partire da Microsoft, dei software comunemente utilizzati per l'attività amministrativa provinciale: nei bilanci provinciali non compare infatti una voce specifica relativa alle licenze proprietarie. Il calcolo andrebbe insomma ottenuto analizzando assessorato per assessorato. E affidandosi ad esperti "interni" alla sanità e alla scuola, il consigliere del Pd è giunto a una cifra tra gli 800 mila e il milione di euro per ognuno dei due settori, un po' meno per la sanità e un po' di più per la scuola. Da lì a ipotizzare una cifra complessiva di almeno 5 milioni di euro il passo è breve. E con i tempi che corrono, una cifra del genere può tornare utile per altri capitoli di spesa, magari quelli resi più urgenti dalla crisi economica.

Il confronto-scontro tra licenza proprietaria e software libero dura ormai da anni. Con punte di tensione intensissime. Basta pensare a quanto dichiarato pochi giorni fa da Richard Stallman, l'hacker hippie presidente di Free Software Foundation, in occasione della morte di Steve Jobs: «Nessuno merita di dover morire - ha scritto - ma tutti ci meritiamo la fine dell'influenza maligna di Jobs sul computing. Purtroppo, quell'influenza continua nonostante la sua assenza. Possiamo solo sperare che i suoi successori, nel proseguirne l'eredità, siano meno efficaci». Oppure, ed è notizia dell'altro ieri, la gaffe dei militanti di una sezione romana di Sinistra Ecologia Libertà, ripresi dal proprio leader Nichi Vendola per un manifesto che salutava con commozione il fondatore di Apple. Motivo della sconfessione? Il partito è per il software libero, mentre Steve Jobs certo non lo era.

Ma al di là dell'ideologia, il problema riguarda tutti noi, a casa o in ufficio: un programma per computer è meglio pagarlo o, piuttosto, scaricarne una versione gratuita attraverso la rete? Molte amministrazioni comunali del Trentino hanno scelto la seconda strada. Sulle 420 postazioni computer del Comune di Rovereto, ad esempio, da tempo si è già passati dall'Office di Microsoft a Open Office. E per la posta elettronica Firefox ha sostituito Internet Explorer, mentre la "migrazione" da Windows a Linux, più complessa tecnicamente, è comunque allo studio.

L'esempio di Rovereto è stato via via seguito da Mori, Riva, Nago-Torbole e Storo, mentre Trento si sta avviando a imitarli. Il risparmio annuo per l'amministrazione della città della Quercia, spiega il dirigente del Servizio informatica Fabio Ropelato, si aggira sui 100 mila euro annui. Un risultato che ha raccolto anche i complimenti delle Iene di Italia 1, che proprio pochi giorni fa hanno fatto visita agli uffici comunali di Rovereto per un servizio televisivo sui vantaggi dell'open source. E non è solo una questione di costi: un'amministrazione deve poter contare in astratto per sempre sull'agibilità dei programmi e l'accessibilità dei dati. Mentre è già accaduto, spiega Ropelato, che con il programma Office di Microsoft questo non venisse garantito. A differenza di Open Office.

Per non parlare poi del flagello dei virus, da cui pure Open Office è sostanzialmente immune. E tornando alla formazione dei dipendenti: «Per passare a Open Office abbiamo organizzato corsi di formazione con aziende locali - spiega Ropelato - e io preferisco di gran lunga dare soldi ad aziende locali piuttosto che pagare licenze proprietarie a multinazionali che fatturano in Iraldna». Come appunto Microsoft. Per dire insomma anche delle ricadute sul tessuto economico locale che possono arrivare da una scelta per il software libero. In ambito provinciale invece ancora nulla. Solo uno studio di fattibilità, appena concluso, relativo alla struttura amministrativa dell'Azienda sanitaria. Studio che peraltro dà risposte precise e inequivocabili, con i risparmi potenziali messi nero su bianco. È una circostanza che stride con l'esempio della vicina Provincia di Bolzano, che invece già da diversi anni ha proceduto per via amministrativa alla cosiddetta «migrazione» dai software a licenza proprietaria a quelli liberi. E il tutto senza particolari problemi dal punto di vista della gestione dei dati e della "resistenza" da parte della macchina burocratica.













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