Sindaci nel panico: «Così affondiamo»

I sacrifici fatti sono stati già pesantissimi. Nessuno vuole alzare le tasse e la prospettiva è di ridurre i servizi ai cittadini


di Luca Marognoli


TRENTO. La scure che si appresta ad abbattersi sui bilanci, già ridotti all’osso, dei Comuni è di quelle che rischiano di lasciare il segno. L’anno prossimo nelle loro casse entreranno 9,1 milioni in meno, secondo le previsioni. Uno scenario che angoscia tutti gli amministratori (con la curiosa eccezione del roveretano Valduga, che sfoggia un’invidiabile calma olimpica) a prescindere dalle dimensioni del Comune governato. Il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, l’aveva detto chiaro e tondo mercoledì all’assessore Daldoss: i sacrifici non possono essere suddivisi solo tra i Comuni: la Provincia deve farsi carico di una quota maggiore. Perché di lacrime e sangue le amministrazioni ne hanno già versati abbastanza e i soldi non sanno più dove andare a prenderli se non riducendo i servizi (nessuno vuole aumentare tasse e tariffe). Lo conferma il sindaco di Pergine Oss Emer secondo il quale si è ampiamente raschiato il fondo del barile: la sua amministrazione sta già sopportando una cura dimagrante di 700 mila euro in quattro anni. Nel piccolo Comune di Drena l’esperto sindaco Tarcisio Michelotti parla di un uragano che metterà tutti in ginocchio, nonostante le gestioni associate che lì si praticano dal lontano 1998. Anche il giovane Mattia Zorzi di Daiano, pur con toni pacati, paventa il rischio di un calo della qualità dei servizi. Insomma: la corda è stata tirata troppo e sta per spezzarsi.













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