Scure sugli scontrini, bar in rivolta

«Accanimento contro di noi». Orefici contro la stretta sulle transazioni


Laura Lorenzini


TRENTO. Tasse, contributi, burocrazia. E adesso pure il rischio di vedersi chiudere l'attività se non battono uno scontrino. I commercianti, solo a sentire il nome di Tremonti, hanno un travaso di bile: «Se il ministro vuole farci chiudere, ci sta riuscendo». Il giro di vite contenuto nella manovrina ferragostiana è pesante. Rischio di chiusura o super sanzioni per chi non consegna scontrino o fattura. E stretta sulle transazioni sopra i 2.500 euro: stop ai contanti e largo a carte di credito o bancomat, per consentire la tracciabilità e intercettare gli evasori.

Gli esercenti non discutono l'obbligo dello scontrino, ma l'equazione commerciante uguale evasore. In rivolta baristi e ristoratori: «Con gli studi di settore siamo già super controllati - tuona Wilma Tomasi, del Caffè 34 -. Paga sempre il ceto medio. Tasse e burocrazia stanno uccidendo i piccoli negozi. Lo ha detto Montezemolo: l'evasione bisogna andarla a recuperare dai ricchi. E Tremonti dia il buon esempio con il suo affitto».

Franco Oppici, titolare del Forst, indica la gente in fila alla cassa: «La fattura la facciamo sempre. Non ci si fa ricchi non battendo due scontrini, l'evasione va cercata altrove. Spiace constatare un accanimento sui commercianti». Walter Botto, del bar Pasi, è pronto a qualsiasi controllo, ma fa capire che bisogna cambiare strada: «Paghiamo tremila euro l'anno tra cassa, carta, tecnico fiscale, contabilità e ancora non basta. Impariamo dall'America, dove gli scontrini non ci sono ed è il negoziante che viene premiato se dimostra un buon volume di affari. Se vogliono che il fisco funzioni, devono ridurre tasse e burocrazia».

Mario Schmid e Cristina Barioni, della Nuova Gelateria, garantiscono che l'inasprimento non li toccherà: «Con gli studi di settore evadere è impossibile. Non ci fa male lo scontrino, ma le tasse. Quest'anno neanche una settimana di ferie. E in centro sono tanti nelle nostre condizioni». Jolanda Comai, del bar Exsense, si dice sfinita: «Siamo tartassati. Lavoro 14 ore al giorno da gennaio e non ho visto un euro di guadagno. Perseguano i veri evasori».

Sul fronte dei parrucchieri difende la categoria Marco Patton: «Con gli studi di settore oggi non emettere la fattura è impossibile. Credo che l'omissione degli scontrini sia più da cercare al Sud. Per combattere l'evasione il sistema migliore è la riduzione della pressione fiscale. Come artigiani abbiamo proposto il calo dell'Iva dal 20 al 10 per cento».

Infine il nodo dello spesometro e della tracciabilità dei pagamenti. Per Alberto Cuel, dell'oreficeria di piazza Duomo, è irrilevante: «Gli acquisti sopra i 2500 euro si contano sulle dita di una mano, per noi non cambierà nulla». Renato, Cristina e Gabriella Bernardi, dell'omonima oreficeria, temono il fuggi fuggi del cliente: «Oltre a un problema di violazione della privacy, il rischio è che la gente diversifichi le spese o vada all'estero. Così non si combatte l'evasione, ma il commercio».













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