LA STORIA

Raduan con le ossa di vetro ora può tornare a sperare 

A 7 anni, gravemente malato, è fuggito con la sua famiglia dalla guerra in Siria. In Trentino grazie ai corridoi umanitari. Il papà: «Finalmente sta meglio». LE FOTO DEL VIAGGIO.


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Raduan ha cinque anni, è prigioniero dell’inferno della guerra in Siria e ha una malattia rarissima: si chiama osteogenesi imperfetta, le sue ossa si spezzano, come fossero di cristallo. Un corridoio umanitario gestito dal Centro Astalli gli consente di arrivare a Trento, dove riceve le cure necessarie a farlo sopravvivere: non riesce nemmeno a dormire, tanto insopportabile è il dolore. Oggi Raduan ha 7 anni, è a Trento e può sperare, può ricevere un’educazione e insieme alla sua famiglia può lasciarsi alle spalle l’incubo.

La vicenda di Raduan Sattouf, il bambino dalle ossa di cristallo, inizia a Homs, popolosa città della Siria occidentale ad una ventina di chilometri dal confine libanese. Maher è suo padre, il capofamiglia, trentenne, fa il meccanico in una fabbrica di tessuti plastici.

Nell’ottobre 2016, per sfuggire alla cooptazione obbligatoria nell’esercito di Bashar Al-Assad, papà Maher decide di dirigersi verso il Libano, con tutta la famiglia, composta da mamma Kamal e da cinque figli piccoli, superando a piedi la montagna che sta al confine. Raduan viene trasportato in una coperta: la traversata gli frattura tutte le ossa.

In Libano i Sattouf non finiscono in un campo profughi, ma in una casa diroccata, sufficiente a dare riparo per più di un anno: sono clandestini, non hanno né i documenti né i soldi per comprarli. Il 22 dicembre 2017 avviene il contatto con il Centro Astalli.

Raduan, il bimbo con le ossa di vetro è arrivato in Trentino. Per essere curato

Ha solo 7 anni e non riesce neanche a dormire tanto è forte il dolore. Ora per lui si è aperta la speranza di stare meglio. Grazie ai corridoi umanitari (foto Mattia Civico / agenzia Panato). LA STORIA: fuga dalla guerra in Siria

Il 26 gennaio 2018, due volontari, Giuseppe Marino e Sebastiano Martinelli, arrivano in Libano, per conoscere questa famiglia. Il 30 gennaio, i Sattouf atterrano a Fiumicino: papà Maher e quattro dei cinque figli sono portati a Trento, mentre mamma Kamal e Raduan restano per una settimana all’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Raduan deve essere letteralmente ricomposto, perché le sue ossa sono tutte a pezzi. Superata anche questa, mamma Kamal e Raduan arrivano a Trento in autoambulanza.

Il reparto di Pediatria dell’Ospedale Santa Chiara prende in carico Raduan, gli offre le cure contro il dolore. Il peggio è passato. Stefano Canestrini, responsabile accoglienza Astalli, descrive la situazione attuale di Raduan: «È bloccato a letto, ma da settembre riceverà le visite di un insegnante. La speranza dei medici è di poterlo mettere in carrozzina: così anche Raduan potrà andare a scuola, come le sue due sorelle maggiori». Papà Maher dice: «Qui Raduan finalmente sta bene, riesce a dormire, perché prima il dolore lo teneva sveglio di continuo».

Dopo quattro o cinque mesi dalla presentazione della richiesta d’asilo, arriva la pronuncia del tribunale: i Rattouf hanno diritto alla protezione internazionale. Ora tutta la famiglia può pensare al futuro.

«Maher sta imparando l’italiano, non lo parla ancora bene ma lo capisce - spiega Sebastiano, uno dei volontari Astalli che seguono i Rattouf fin dal Libano - Vuole rendersi utile come meccanico, il lavoro che fa da sempre».

Lara Zanoner, anche lei volontaria Astalli, racconta come si sta integrando mamma Kamal: «Anche lei sta imparando l’italiano e insieme alle volontarie si impegna in piccoli lavori manuali, soprattutto con ago e filo». L’aiuto della nonna (arrivata a giugno insieme a quattro zii), le permetterà in prospettiva di potersi emancipare e di iniziare il percorso verso un’attività lavorativa.

Il progetto dei corridoi umanitari parte da un assunto giuridico di diritto internazionale: ogni Stato può scegliere di rilasciare visti umanitari anche nei paesi di origine, attraverso un’ambasciata. Si tratta, ancora una volta, della presenza o della mancanza di una volontà politica.

Il 17 dicembre 2015 il Consiglio provinciale ha approvato all’unanimità un protocollo di sostegno ai corridori umanitari verso la Siria aperti da Comunità Sant’Egidio e Operazione Colomba (i corpi di pace di Comunità Papa Giovanni XXIII). Mattia Civico, consigliere provinciale Pd, è tra i promotori del protocollo: «Il tema è quali canali legali ci siano che permettano alle famiglie come i Sattouf di arrivare in sicurezza in Italia. Con la vecchia legge Turco-Napolitano esisteva almeno il sistema delle quote, ma ora qualsiasi canale d’ingresso legale in Italia è bloccato».

Civico sottolinea: «Senza i corridoi umanitari, del piccolo Raduan probabilmente si parlerebbe al passato. Delle 1250 persone condotte attraverso il corridoio umanitario, tutte hanno ricevuto entro pochi mesi il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale. È un progetto a carattere volontaristico che viene attuato dalle diocesi, dalle associazioni e talvolta dalle istituzioni locali: oltre a Trento, vi sono alcune realtà belghe e polacche. Questo è il modello proposto dalle Nazioni Unite: progettare percorsi sicuri per portare in salvo queste persone, ma che siano altrettanto sicuri per la popolazione che accoglie. Questo accade perché noi andiamo a conoscere personalmente i richiedenti-asilo prima della partenza, per sincerarci della loro effettiva condizione di necessità».

Tutto ciò poi in vista di un rientro auspicato dagli stessi rifugiati. «I corridoi umanitari - ricorda Civico - sono pensati anche come corridoi di rientro, perché il sentimento comune tra tutti i siriani è la volontà di tornare a casa».

 













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