Poliziotto infedele, vicequestore a giudizio

Francesco Messina accusato di non aver denunciato un collega per gli ammanchi alla polisportiva della polizia. L’ex agente è stato condannato a cinque anni



TRENTO. L’ex vicequestore di Trento Francesco Messina, ora in servizio a Bolzano, è stato rinviato a giudizio il caso Tomio. Ieri davanti al giudice Carlo Ancona è finita la seconda tranche del procedimento nei confronti del poliziotto che, insieme a un collaboratore di giustizia, aveva messo in piedi una truffa ai danni di due imprenditori. Ieri Roberto Tomio ha patteggiato un anno di reclusione per sostituzione di persona e truffa che, in continuazione, con i quattro anni già incassati con la precedente condanna per peculato, corruzione e falso, fanno cinque anni tondi. L’ormai ex poliziotto, difeso dall’avvocatessa Chiara Pontalti, è agli arresti domiciliari. Ha patteggiato 4 anni 8 mesi e 10 giorni anche il collaboratore di giustizia. Era accusato di 13 episodi di truffa. Nella prima tranche era stato condannato a due anni di reclusione per falso. Nel processo di ieri era accusato, tra l’altro, di aver truffato un noto negozio di abbigliamento del centro cittadino dove aveva acquistato vestiti per 30 mila euro senza pagarli, oltre ad aver truffato il titolare di un ristorante alla moda che gli aveva firmato cambiali per 100 mila euro.

Alessandro Di Natale è stato condannato a 6 mesi di reclusione, ma è stato assolto per il reato di furto. Valeria Parisi, che era accusata di sostituzione di persona, è stata assolta. I poliziotti Raffaele Tamanini, Ernesto Razzino, Antonio Giua e Luca Della Vecchia, accusati come Messina di omessa denuncia sono stati assolti. Messina, che era il più alto in grado, ha fatto una diversa scelta processuale. Il suo avvocato Claudio Tasin ha preferito andare a giudizio per poter dimostrare che il reato non sussiste. I poliziotti erano accusati di omessa denuncia perché non avrebbero segnalato alla magistratura l’ammanco da 30 mila euro alla società sportiva Policesportiva, Secondo l’accusa, Messina e gli altri agenti si sarebbero accorti del fatto che Tomio si sarebbe intascato 30 mila euro della polisportiva della Questura. Invece di presentare denuncia, però, avrebbero detto a Tomio di ripianare il buco.

L’inchiesta era partita da una presunta truffa che Tomio e il collaboratore che si trovava in Trentino per ragioni di giustizia avevano orchestrato ai danni di due imprenditori. Facendo credere ai due di poter comprare degli immobili a prezzo conveniente, Tomio e il complice, difeso da Nicola Degaudenz, si erano fatti anticipare oltre 600 mila euro. Però degli immobili non si è vista neanche l'ombra. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Maria Colpani, il collaboratore avrebbe orchestrato altre truffe ai anni dei due imprenditori, uno dei quali è titolare di un’azienda di autonoleggio.

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