Pisauro: «Italia, paese a sovranità limitata»

Il professore della Sapienza di Roma parteciperà alla kermesse con un incontro sul federalismo


di Luca Pianesi ; di Luca Pianesi


TRENTO. «Partecipare alla costruzione di un’entità sovranazionale come l’Europa ha comportato senza dubbio una diminuzione della sovranità del nostro paese. Ma il rischio è che senza una corretta riforma federale del nostro sistema, l’Italia rischierà di essere svuotata della sua forza anche dall’interno dal crescere delle autorità di regioni e province». Giuseppe Pisauro, rettore della Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze “Ezio Vanoni” e professore di Scienza delle Finanze presso la Facoltà di Economia dell’Università “La Sapienza” di Roma sarà uno dei relatori del Festival. Insieme al presidente della Provincia Alberto Pacher, al sindaco di Verona Flavio Tosi, agli ex ministri, Piero Giarda e Vincenzo Visco, parteciperà, venerdì alle 12.00 presso il Palazzo della Provincia, a un dibattito sul federalismo dal titolo “Chi comanda in Italia?”.

Professor Pisauro, l’Italia può ancora definirsi stato sovrano?

Sicuramente il nostro paese ha dovuto cedere una grande parte della sua sovranità all’Europa per costruire questa entità sovranazionale e per inseguire un progetto più alto qual’è l’Unione europea. I problemi si sono verificati con la grande crisi internazionale che ha accentuato le differenze tra i singoli stati e in particolare tra la Germania e i paesi mediterranei. In passato abbiamo avuto anche noi la possibilità di colmare il gap con la Germania, in questi 10 anni di euro, ma abbiamo fatto le cicale senza metterci in pari. E perso l’unico modello di competizione che conoscevamo, quello della svalutazione della nostra moneta, ci siamo ritrovati in enorme difficoltà.

Come ne usciamo da questa spirale di recessione?

Oggi l’unica speranza è puntare a un’integrazione più completa tra stati membri e a un Europa federale compiuta. Ma dalla crisi non si esce con l’austerity. Bisogna combinare il risanamento con un politica keneysiana di sostegno pubblico alla domanda. Insomma la soluzione non si trova nella politica di Angela Merkel ma in quella che stanno attuando Giappone e Stati Uniti.

Sul piano interno immagina un Italia federale?

Si ma l’Italia deve mantenere, come Stato, il suo ruolo centrale. Per esempio non penserei mai a un federalismo pieno e compiuto, con regioni o provincie che mantengono relazioni autonome con altri stati o altre realtà. Per contrattare sul piano internazionale le dimensioni ancora contano molto. Inoltre un mero federalismo fiscale, della serie “tu ti tieni quanto produci e in proporzione a quanto spendi”, in Italia non può funzionare. Mi spiego: fatta 100 la media di spesa pubblica complessiva italiana, le regioni del Nord a statuto speciale, quindi anche voi, spendono 130; quelle del Nord e del Centro a statuto ordinario 100; quelle del Sud a statuto speciale 90 e quelle a statuto ordinario 80. Questo vuol dire che è vero che al Sud si spendono peggio le risorse e, in definitiva, si hanno servizi peggiori, ma non si può dire semplicemente “tu sei meno efficiente quindi ti tolgo le risorse” perché loro ne hanno già meno a disposizione. Bisogna trovare il punto di equilibrio. Inoltre un federalismo spinto rischierebbe di creare potentati esposti alla corruzione che svuoterebbero dall’interno lo Stato.

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