Pd al bivio: convincere Pacher o scommettere sul nuovo

Quattro mesi fa l’annuncio dell’allora vicepresidente: «A ottobre non mi ricandido» Oggi c’è chi lo vorrebbe alla guida della coalizione e chi invece chiede un cambio di passo


di Chiara Bert


TRENTO. Convincere Alberto Pacher a ritornare sui suoi passi e ricandidarsi a ottobre alla guida della Provincia per i prossimi 5 anni. Oppure svoltare e puntare su una nuova leadership, che nessuno però sa ancora che nome e che faccia avrà.

È questo il bivio davanti a cui si trova oggi il Pd trentino, che il voto delle politiche ha confermato primo partito ma tallonato a sole tre lunghezze dal Movimento 5 Stelle. «È giusto che sia il partito maggiore ad esprimere il candidato alla presidenza della Provincia, dunque il Pd se - come auspico - sarà ancora il primo partito», aveva detto un mese fa il segretario Michele Nicoletti, pronto a rimettere il mandato all’assemblea dopo essere stato eletto in parlamento.

Ora che quella conferma è arrivata, dentro un risultato più che positivo per la coalizione di centrosinistra autonomista, ai Democratici spetta individuare la strada per esprimere il proprio candidato governatore. Ma è su questo che le opinioni nel partito divergono.

«Gli uomini sono importanti», ha ricordato ieri sul Trentino il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, «entro aprile il leader va individuato». E Andreatta ha dato così nuovamente voce a quell’ala del partito che vorrebbe ancora Ale Pacher alla presidenza della Provincia, per la sua esperienza maturata in questi 5 anni e soprattutto per la capacità di fare sintesi con gli alleati di Upt e Patt.

Sanno bene, i sostenitori di Alberto Pacher, che farlo ritornare sui propri passi sarà impresa ardua. Lui finora in più occasioni ha sempre detto che non cambierà idea, ma si sa che in politica - e in particolare in vista degli appuntamenti elettorali (la candidatura di Mario Monti è l’ultimo illustre esempio in ordine di tempo) - i ripensamenti sono inusuali. «Bisogna capire - osserva Andreatta - quanto nella scelta di Pacher abbiano pesato le motivazioni personali e quanto quelle politiche». Se a prevalere fossero le prime, va da sè che non ci potranno essere dietrofront. Ma rispetto alle motivazioni politiche - osservano in molti - qualcosa potrebbe cambiare da qui alle prossime settimane. La critica di Pacher al Pd nazionale era di aver tradito la propria vocazione maggioritaria per ripiegarsi sull’alleanza con Sel. Una scelta non rivelatasi vincente, tanto che il risultato delle elezioni ha già innescato un dibattito interno dove in tanti invocano Matteo Renzi come salvatore della patria. In Trentino l’esito delle urne ha invece rafforzato l’alleanza Pd-Patt-Upt, la linea sostenuta da Pacher. Potrà bastare, questo scenario, a convincere il governatore a non lasciare? In molti sperano di sì.

Ma c’è anche un’altra ala, nel Pd, che considera questa un’ipotesi non percorribile, ancor più all’indomani del successo di Grillo che ha evidenziato quanto forte sia nell’elettorato, anche di sinistra, la spinta alla rottamazione dell’attuale classe politica.

Proprio Pacher, sul Trentino di ieri, ha aperto al Movimento 5 Stelle definendo l’exploit «uno scossone salutare». Pungente la risposta del consigliere provinciale Mattia Civico (che intervistiamo qui a fianco) postata su Twitter: «Quindi basta freno a mano tirato su trasparenza, nomine, conferme dirigenti in pensione e fermezza sul caso Renna?». L’alternativa a Pacher, secondo Civico e non solo, dovrebbe arrivare da primarie il più possibile aperte, «senza timori per qualche candidatura». In campo c’è già quella di Donata Borgonovo Re, a cui presto potrebbe aggiungersi quella di Luca Zeni. La corsa è appena cominciata.

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