Ospedali di periferia Le sfide della sanità 

Candidati divisi sui servizi da garantire nelle valli. Fugatti:  «Non possiamo avere 7 Not». Degasperi: «Specializzazioni»



TRENTO. Quale sanità propongono i candidati che si candidano a guidare la Provincia? Lo hanno spiegato ieri durante l’incontro al Muse, rispondendo su uno dei temi che toccano più da vicino i cittadini perché riguardano la salute. E partendo da analisi spesso comuni (mancano i medici), hanno proposto soluzioni in parte diverse.

«Non si può avere tutto nelle valli», ha detto Antonella Valer (LeU), «in periferia dobbiamo garantire la prevenzione e i servizi di base, il resto va accentrato. E occorre ripartire da un piano della salute partecipato». Filippo Degasperi (M5S) ha attaccato duramente la gestione della sanità della giunta uscente: «I capi dipartimento hanno esautorato i primari, c’è stato un atteggiamento verticistico e autoritario dell’Azienda sanitaria, per evitare che i medici scappino dobbiamo riportare serenità. Servono ospedali specializzati, e questo significa che qualcuno anche da Trento per certi tipi di cure dovrà spostarsi in periferia». Maurizio Fugatti (centrodestra) parla da sottosegretario alla sanità: «Si è sbagliata la programmazione nazionale, oggi mancano medici e per questo va tolto il numero chiuso alla facoltà di medicina. Il governo ci sta lavorando. In Trentino non possiamo avere sette Not (il nuovo ospedale previsto a Trento), ma in periferia dovremo avere ospedali con i reparti di base e qualche eccellenza, altrimenti la gente scappa». Per Giorgio Tonini (centrosinistra) «il Not dev’essere l’occasione per ridisegnare l’intero assetto: le patologie gravi (infarto, ictus, tumore) a Trento, il resto sul territorio. E i medici devono far parte di un sistema, non legati a un solo ospedale perché solo così possono crescere professionalmente». Polemizza il governatore uscente Ugo Rossi (Patt): «Oggi Fugatti riconosce il tema della carenza di medici. Il problema, anche di questi giorni, è che i ginecologi non vogliono andare a Cavalese perché ci sono pochi parti. La nostra è una sanità che molti ci invidiano, ma tutto è migliorabile. Con Fbk abbiamo realizzato un master in medicina generale, facciamolo anche per le specializzazioni».

Per Mauro Ottobre (Autonomia Dinamica), che difende i punti nascita sul territorio a partire da Arco, la soluzione è una facoltà di medicina tra Trento, Bolzano e Innsbruck «che dia finalmente una sostanza all’Euroregione». Se per Paolo Primon (Popoli Liberi) «per tenere la gente nelle valli bisogna tenere aperti i punti nascita», per Roberto De Laurentis (Tre) «dobbiamo smettere di volere tutto fuori dalla porta di casa, bisogna investire su specializzazioni territoriali». La ricetta di Filippo Castaldini (CasaPound) è «tagliare risorse all’accoglienza dei migranti per metterle sugli ospedali di valle». Federico Monegaglia (Riconquistare l’Italia) la priorità è trovare medici: «Via il numero chiuso a Medicina».

(ch.be.)













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