sul bondone

Dall’Hotel Nevada la proposta: pronti a ospitare i profughi

Vason, Luca Lorenzi ha a disposizione 50 posti letto. «Abbiamo dato la disponibilità anche per i terremotati dell’Aquila»


di Sandra Mattei


TRENTO. Passata la tempesta a Piné, dopo la prima reazione non proprio positiva all’arrivo dei 17 profughi nel garnì Lory di Miola, ora un altro albergatore si fa avanti per accogliere i giovani richiedenti asilo. Si tratta di Luca Lorenzi, titolare dell’Hotel Nevada, famiglia che da 40 anni gestisce uno degli alberghi storici in Vason, sul Monte Bondone.

Lorenzi, seconda generazione della famiglia originaria di Cattolica, in Romagna, vive quattro mesi all’anno in Bondone, per poi spostarsi a sud, a Giulianova, dove è proprietario con la sorella di altri due alberghi. Chiediamo quali sono le ragioni che l’hanno spinto a dare la disponibilità per ospitare i profughi: «Siccome sono molti in Trentino ad aver manifestato resistenze, noi invece siamo disponibili ad accettarli. Anche quando c’è stato il terremoto dell’Aquila, nel 2009, abbiamo ospitato per un anno i terremotati aquilani nei nostri alberghi di Giulianova».

Lorenzi spiega che da ieri, primo marzo, l’Hotel Nevada è chiuso e per questo ieri ha comunicato al Cinformi la sua disponibilità ad aprire le porte ai giovani che arrivano con i barconi sulle coste dell’Italia e vengono poi affidati alle diverse regioni, divisi in base alla percentuale del numero degli abitanti. Il Cinformi, la struttura provinciale che si occupa di servizi ed informazione sull’immigrazione, due mesi fa aveva reso pubblico l’appello perché privati mettessero a disposizione strutture adatte all’accoglienza.

Chiediamo quanti posti ha a disposizione l’Hotel. «Siamo in grado di ospitare 50 persone - risponde Lorenzi - forse qualcuna in più. Abbiamo 26 stanze nell’Hotel e poi ci sono altri 20 appartamenti grandi, indipendenti, provvisti di angolo cottura. Saremmo in grado comunque di fornire loro anche i pasti, dando a disposizione il personale. Anche con gli aquilani abbiamo garantito loro i pasti e le pulizie».

Non provano nessun sentimento di diffidenza verso i profughi, i titolari del Nevada, anzi. Commenta scherzando, Luca: «Qui in Bondone tra 15 giorni la montagna sarà morta, quindi ben venga qualcuno che la animi». Ed a proposito di cosa ne pensino i colleghi albergatori dell’eventuale arrivo di una cinquantina di profughi, in una località turistica non proprio a loro misura, visto il clima e visto che mancano luoghi di aggregazione, Lorenzi commenta: «Non mi interessa dell’opinione degli altri. La realtà è che in Bondone va sempre peggio, dunque se c’è un modo per sopravvivere...»

Vuol dire che la stagione è andata male? «Non è andata benissimo - risponde - perché all’inizio è mancata la neve, ci ha piovuto anche sopra. Febbraioè stato un mese buono, per fortuna, e abbiamo recuperato un po’, ma è sempre più dura. Noi resistiamo, perché siamo legati affettivamente al Bondone. Potendo, potremo anche vendere, ma al momento le condizioni non sono favorevoli. Sul Monte Bondone ci sono state sempre tante promesse, ma sono rimaste tali e non si vede un suo decollo».

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