«Costruiamo una società più solidale»

Monsignor Bressan: abbiamo vissuto troppo sopra le nostre possibilità


Paolo Mantovan


TRENTO. Che Natale. Chi non parla di crisi è perché già la sente nelle fredde tasche o quando deglutisce. Il vescovo lo sa. Sa anche che dalla Chiesa ci si attende forse qualcosa di più di una parola di speranza. Bressan ci apre la porta di casa e sorride. Dal terrazzo si vede il freddo che avvolge il mercatino. Ma il vescovo guarda altrove: «Questo presepe è thailandese» ci spiega mentre ci introduce a un dialogo «globale». Sì, vescovo, ci dica qualcosa di Natale.

Monsignor Bressan, quest'anno è un po' diverso. Non è tragico, ma certo delle nubi si addensano sul mondo del lavoro, sui nostri risparmi, sulle prospettive di futuro. Che messaggio si sente di dare?
È un momento difficile e il messaggio arriva di nuovo da Cristo, che ora non commemoriamo soltanto, ma che è presente ancora, qui tra noi. Ci sono popoli che vivono situazioni straordinariamente più disagiate delle nostre, dobbiamo averlo ben presente. Qui, nella nostra società, però, si apre una grossa sfida: ci sono situazioni di precarietà e di disoccupazione. È necessario reagire per costruire una società migliore, più solidale. Il Natale è anche un momento di speranza per tutti noi, ci dice che Cristo nasce per poi morire addirittura per noi.

La speranza del Natale lei la vede anche concretamente in alcune cose?

C'è una crescente coscienza tra i giovani che è necessario essere corresponsabili del nostro futuro. Sono appena reduce dalle visite nel Primiero e in val del Chiese e devo ammettere che ho visto dei bellissimi movimenti giovanili. Assemblee sempre più numerose.

Giovani che amano incontrarsi e divertirsi?

No. Non sono goderecci. Pensano, riflettono. Spetta soprattutto a noi dare loro spazio e sostenerli con l'esempio. Ci sono anche forze politiche che cominciano a dimostrare interesse alla riflessione vera. E poi un grandissimo segnale di speranza lo vedo nel grande nostro mondo del volontariato, e ancora nelle tante mamme che sanno dare tanto amore e posso anche confermare che c'è un bel movimento di famiglie nuove e moderne.

Fino a poco fa eravamo dipinti come un'Italia volgare e gaudente, ora siamo passati ai sacrifici e alle lacrime. Lacrime vere, come quelle della Fornero. Secondo lei il pianto del ministro rappresenta anche la nostra impreparazione di fronte a questi tempi?

Intanto credo che quello del ministro Elsa Fornero fosse un pianto sincero, genuino. Poi va detto che la Chiesa diceva già da tempo che le regole internazionali della finanza erano da rivedere, anzi da rifare. C'è chi dice che l'economia finanziaria sia sette volte superiore l'economia reale o forse anche di più: è chiaro che c'è una bolla gigantesca e tanta speculazione. La bolla adesso è scoppiata mentre la voce della Chiesa non è stata ascoltata.

Arrivano i sacrifici.

Gesù ci dice che è necessario il sacrificio. Ce lo dice attraverso la sua intera vita fino alla tortura e alla morte. Ma l'umanità stessa ci dice che le crisi sono state superate...

...ma a costo davvero di grandi sacrifici.

Però dobbiamo ammettere che in questi decenni, qui, in Occidente e in Italia, abbiamo spesso vissuto al di sopra delle nostre possibilità. E lo abbiamo fatto grazie al contributo, fondamentale e pesante, di paesi poveri. Questo non dobbiamo scordarlo. E poi mi sembra ormai chiaro a tutti che la massa dei beni non rende felici.

Ora le parti si stanno rovesciando. I paesi dell'Asia ora vengono definiti paesi emergenti. La sua Asia, dove lei è stato nunzio apostolico, quella in cui lei ha vissuto per anni.

Beh, l'Asia è il 65 per cento dell'umanità, l'Europa è appena il 7 per cento, l'Italia è zero virgola... È ovvio che quei paesi hanno e avranno grandi potenzialità così come è vero che ci sono ancora grossi problemi, in Cina ci sono 100 milioni di super ricchi e tanta altra parte di popolazione in difficoltà. Problemi ce ne sono sì, ma quei popoli hanno anche grandi capacità dinamiche e legami familiari e tra generazioni molto estesi e insieme solidi, con l a propensione a cercare il bene anche di tutta la società. Ora, da noi, c'è troppo individualismo, c'è chi paragona la nostra società a un figlio unico senza genitori.

Che cosa può fare la Chiesa?

Invitare, senza sosta, a riflettere, ad avere una visione della vita completa, a rimanere ben salda sulle testimonianze dalle terre di missione, e occorre dare un esempio di sobrietà.

Sulla sobrietà e sulla condivisione si radica anche un ragionamento sull'Ici e la Chiesa. Un tema caldo.

La nostra Chiesa, la Chiesa trentina ha sempre pagato sugli immobili in cui c'è attività o commercio. C'è qualche eccezione, è vero, ma è piccola cosa e a volte dipende da comune a comune. Poi eprò va detto che abbiamo pagato anche su immobili utilizzati totalmente dalla Caritas per servizi sociali.

Poi c'è la vicenda Orocash. L'ipotesi cioè che l'Isa, la finanziaria che ha come azionista di maggioranza la Curia, acquisti tramite il fondo "Progressio Investimenti II" la catena di negozi che acquistano oro usato. Un'ipotesi che ha scatenato qualche polemica.

Voglio ricordare che Isa è una società dove la diocesi che non ha la totalità delle azioni. E comunque qui c'è per ora una proposta, di cui è stato investito il Comitato Etico. Ed è stato investito della questione ben prima che vi fossero delle proteste.

Monsignor Bressan, al di là dei sacrifici, delle fatiche e delle speranze: un augurio.

Vi porto quello che sto indirizzando ai sindaci: occorre dare speranza e coraggio. L'augurio è che possiamo essere in grado di darlo attraverso delle azioni. Serve uan scrollata. Dobbiamo impegnarci.













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