Carne, ne mangiamo sempre meno

Cala soprattutto quella rossa a causa degli allarmi lanciati dall’Oms. Aumentano invece il maiale e gli ovini


di Daniele Peretti


TRENTO. Oltre ai dati, ad essere tra loro diversificati sono anche i mercati di riferimento dei produttori di carni trentine: Segata è orientato alla ristorazione, Furlani al mercato estero. Mentre la commercializzazione in città è ormai concentrata nell'ambito della grande distribuzione, con le macellerie diventate attività di paese o di periferia.

«A parte i nostri due punti vendita, Gardolo e Sopramonte, le considerazioni che possiamo fare sono riferite al settore della ristorazione - dice Stefania Segata - nel quale il consumo di carne suina è stabile, quella bovina ha registrato un trend leggermente negativo, mentre è aumentato ancora quello della carne ovina. Le variazioni sono probabilmente dovute al fatto che la carne bianca risponde maggiormente alle nuove tendenze salutistiche, oltre ad essere più economica. Una delle motivazioni della flessione del consumo delle carni rosse è dovuta alle recenti dichiarazioni dell' Oms (Organizzazione mondiale della sanità) che non hanno riguardato le carni bianche».

Da Furlani si registra un incremento di fatturato, sbilanciato però sull'esportazione, dell'8,72%, con un aumento del consumo delle carni suine e una diminuzione di quelle rosse.

Dal Gruppo Poli, da un'analisi complessiva dei punti vendita, emerge un dato costante, con una leggera crescita del bovino e del suino, ma con la flessione del vitello. Più consistente la crescita del consumo delle carni bianche, specialmente del pollo, ma con una significativa contrazione del coniglio. In crescita invece, la carne di qualità, come la scotona. «Siamo orientati – afferma Mauro Poli – a continuare a puntare sulla convenienza da un lato e dall'altro innalzare la qualità dei prodotti puntando sulla selezione e certificazione dei capi. Nel 2015 come Gruppo Poli abbiamo investito sul comparto carne, con un abbassamento medio dei prezzi rispetto al 2014 del 3,5%, che è corrisposto ad un vantaggio per i nostri clienti superiore ai 900mila euro».

Di certo quello della carne è un mercato in movimento e la flessibilità dei prezzi può essere un modo per incentivare le vendite, ma anche spostare le scelte dei clienti verso le carni di qualità. Passando al mondo della cooperazione, il dato ufficiale parla di un 2015 in linea con l'anno precedente, con uno scontrino medio del reparto che supera i 7 euro, ma i clienti che acquistano carne sono diminuiti dell'1%. Una valutazione che deve tenere conto, restando nell'ambito della clientela Sait, dei cambiamenti del comportamento della clientela: non più acquisti unici per tutta la settimana, ma consumi giornalieri. Mentre le richieste sono orientate alla provenienza della carne, con un incremento dei tagli di qualità e dell'utilizzo dei lavorati come hamburger, macinati, pronto e cuoci. Spesso però il dato si salva a livello generale, mentre limitandosi ai punti vendita sono pochi quelli costantemente in attivo per tutto l'anno. Questione di qualità ci dicono, non solo della carne in vendita, ma anche dalla capacità del macellaio sia nel preparare che nello scegliere i tagli. Forse anche per questo, nessuno ha voluto fornire, seppur richieste, percentuali specifiche sulle vendite per tipologie di carni e sui singoli punti vendita: non far conoscere le proprie realtà all'esterno, può anche voler dire non favorire la concorrenza, ma anche non influenzare le scelte della clientela, in un ambito che di certo non vive un periodo felice.













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