Candidato presidente, la sfida è aperta

Evitata la spaccatura sul segretario, nel Pd la partita è sulla leadership della Provincia: con il nodo primarie da sciogliere


di Chiara Bert


TRENTO. Evitata la spaccatura sul segretario con il passo indietro di Tonini, per il Pd la vera partita che si apre è quella per la scelta del candidato presidente della Provincia. E nonostante tutti oggi si affannino a dire che occorre partire dal programma, definendo i paletti necessari ad un accordo di coalizione con Upt e Patt, tutti sanno che è sui nomi che si giocherà la sfida interna. E dunque sul modo in cui il candidato sarà scelto: dal partito, nell’assemblea dopo aver consultato i circoli, o con primarie interne aperte anche ai non iscritti? Le due posizioni, va da sè, hanno implicazioni molto diverse. Nel caso fosse il partito, attraverso i suoi organi, a individuare il candidato sulla base di un accordo di coalizione, è facile immaginare che si ridurrebbero le chance degli outsider e che verrebbero privilegiate le figure per l’appunto più coalizionali: Alberto Pacher, se l’attuale presidente dovesse cedere alle pressioni di chi gli chiede di ritornare sui suoi passi e ricandidarsi, o l’assessore all’industria Alessandro Olivi. Su questa linea sono il neopresidente del partito Roberto Pinter, il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti.

A spingere per la seconda opzione - ovvero primarie interne il più possibile aperte - è invece l’ala del partito che si è opposta alla nomina di Pinter come traghettatore del Pd fino alle provinciali. Ne fanno parte i consiglieri provinciali Luca Zeni, Mattia Civico, Sara Ferrari, a cui si aggiungono i renziani (che con Elisa Filippi e Roberto Sester ora sono presenti nel coordinamento) e gli esponenti di Prossima Trento di Vanni Scalfi e Andrea Pradi. Un’ala composita, come si vede, ma consistente, che oggi può contare sul sostegno del segretario rimasto in sella, Michele Nicoletti, il quale va ripetendo da mesi che la sua linea è quella di far partecipare chiunque si metta a disposizione, valorizzando così le diverse anime del Pd.

E fino a oggi l’unica ad aver sciolto le riserve e ufficializzato la propria corsa alla presidenza della Provincia è proprio la candidata outsider, l’ex difensore civico Donata Borgonovo Re. La quale non fa più parte dell’assemblea provinciale e dall’establishment del partito viene guardata con più di un sospetto, se non con fastidio, perchè considerata una figura di rottura soprattutto nei confronti degli alleati. Del resto Borgonovo Re fin dalle sue prime dichiarazioni ha marcato la sua alterità dal sistema, dicendosi portatrice di una «diversità» e chiedendo un confronto aperto con gli altri candidati, per il quale ha bisogno di primarie il più possibile aperte. Gli altri candidati finora sono rimasti molto coperti, anche se dietro le quinte vengono descritti entrambi pronti a giocarsi fino in fondo la partita per la presidenza.

L’assessore Alessandro Olivi, che in questi anni si è fatto le ossa nella trincea della crisi industriale, scenderebbe in campo in nome di un’azione di governo portata avanti fin qui in coalizione, una candidatura la sua che fa il paio con quella di Mauro Gilmozzi nell’Upt. Sul fronte opposto il capogruppo Luca Zeni, che da tempo si è fatto interprete di una richiesta di discontinuità con l’era Dellai–Pacher, ingaggiando un confronto–scontro con la giunta, è pronto a rappresentare il nuovo che avanza, posizione che alla prova di primarie interne lo metterebbe in concorrenza diretta con Borgonovo Re.

Il tutto avviene mentre nel partito c’è chi - e sono molti tra i big - continua ad accarezzare l’idea che Alberto Pacher ci ripensi e dia la sua disponibilità a ricandidarsi e a guidare la Provincia anche da ottobre in poi. Un’opzione che metterebbe in secondo piano le altre. E a quel punto, con un via libera quasi scontato da parte degli alleati, le primarie si allontanerebbero.

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