Borgonovo Re, l’ex difensora che ama attaccare

Tour del Trentino (alla Renzi) per candidarsi alla Provincia. Voce fragile e parole forti, ecco lo stile della prof


di Paolo Mantovan


Basta dire che Donata Borgonovo Re è stata la donna capace di sfidare il Trentino intero, il suo sistema, facendo arruffare Dellai e tutti i suoi sindaci, quando disse: “La mafia, amici miei, esiste anche qui. E si insinua nei comuni”. Una mafia tutta trentina (o tutta nordica, o montana, vedete voi) che crea cittadini di serie A e di serie B, che permette ai sindaci di andare a braccetto con tanti loro concittadini e creare impicci ai cittadini che danno loro impacci. Insomma Donata Borgonovo Re, classe 1957, vocina flebile e parole forti, fece uscir di bocca quel termine, quello scandaloso “mafia”, proprio come un bambino “spara” - innocente - la verità che non si deve dire. Le istituzioni trentine la segnarono sul libro nero e risposero da par loro, quasi volessero confermare quel che il difensore civico (già, perché lei era difensore civico) andava urlando dai tetti. Contro di lei razzi a tutto spiano, a suo favore gli anti-sistema di allora, i leghisti alla Boso e i dipietristi trentini. Da parte della “sua” sinistra, tante pacche sulle spalle ma pochi endorsement (come si usa dire adesso). Ma allora Donata Borgonovo Re, voce leggera e parole pesanti, non si spaventò affatto e non si dimise (come le aveva “suggerito” pubblicamente qualche onorevole benpensante, tipo Mauro Betta) e affrontò alcuni mesi difficili, passando indenne fra hurrà e improperi, fino a terminare piano piano, e un po’ più mestamente il suo mandato di difensora civica, iniziato nel 2004, culminato a metà 2006 con la parola “mafia”, chiuso nel 2009 quasi in silenzio. Ed è proprio questo, la sua arte divinatoria di evocare termini importanti e spaccare il pubblico, che induce a prudenza anche tanti suoi sostenitori dentro il Pd. Anzi. Alcuni suoi fans la vedono certamente importante per intercettare anche voti “quasi-grillini”, perché la ricercatrice di diritto pubblico Donata Borgonovo Re non è certo un bimbo innocente quando si mette a farti le pulci tra norme e regolamenti. E non si tratta soltanto della sua esperienza da difensora civica. Borgonovo Re, origini lombarde, di Inzago (piccolo comune milanese attraversato dal Naviglio Piccolo, a due passi da Gorgonzola), approda all’università di Trento e familiarizza con un personaggio della taglia di Enrico Bolognani, una sorta di monumento (il primo difensore civico del Trentino, ma anche un pezzo di storia autonomistica, sindacale, istituzionale e cattolica di questa terra). Familiarizza così bene che Bolognani, all’epoca nume tutelare di Dellai, la sponsorizza per un posto in giunta comunale. Bolognani è il capolista dei “Democratici Popolari”, il partito che sostiene Dellai alle comunali del 1995. Dellai accoglie l’invito e la nomina assessora (esterna) alla semplificazione.

Non che la “semplificazione” sia la parola d’ordine di Borgonovo Re, capiamoci: lei non gradisce “semplificazioni”, lei invita sempre alla «complessità», ché il mondo non è certo bianco o nero. Ma se per «semplificazione» intendiamo «schiettezza», allara sì, quella le piace. Tanto che in politica - più recentemente - arriva a liquidare la tentazione dellaiana del centrismo con una battuta: «La “cosa bianca”? È un detersivo». Borgonovo ritorna alla complessità, ma con schiettezza, nel febbraio del 2011, a capo del movimento e della manifestazione “Se non ora quando”. L’occasione è il nuovo manifesto per la dignità delle donne ed è anche la dimostrazione, a Trento, che Donata Borgonovo non è più classificabile come l’assessora gentile o l’aspra difensora: adesso è una leader. E questa consapevolezza Borgonovo Re la coltiva ben bene. Prima si presenta in Radio (alla diocesana “Trentino in Blu”) con una rubrica che, più che un giallo alla Hitchcock, sembra definire la sua posizione di attesa: “La finestra sul cortile”. Poi la svolta definitiva, l’estate scorsa, quando comincia a parlare con il segretario Michele Nicoletti e con altri del Pd, mettendosi in gioco verso le primarie per la presidenza della Provincia. L’avevano solleticata quando c’era l’ipotesi della candidatura a sindaco, ma tra la politica e la famiglia (marito e due figli) aveva scelto la famiglia. Adesso invece è pronta. Per fare un salto più in alto. Lei non molla la sua attività a Martignano: la sua parrocchia e la sua circoscrizione sanno quanto lei si dia da fare, ma ora è pronta a fare il tour del Trentino. Un’iniziativa dal sapore un po’ renziano e in salsa trentina. Forse non ha bisogno di farsi conoscere, ma di comunicare il suo stile. Chi la conosce sostiene che quella è la sua forza. Perché lei mica ti travolge con un attivismo multitasking (tipico di alcune donne) o con la fretta sbrigativa di chi ha già da fare dell’altro (tipico di tanti uomini): lei è una che ti ascolta o che, quanto meno, ti dà l’impressione di ascoltare. E Borgonovo, voce piccola e parole grandi, insiste sulla sua strada, anche se dentro il Pd molti vogliono sbarrargliela. Alcuni dicono che l’ingenuità le è rimasta appiccicata addosso, altri sostengono che spaccherà il partito, altri ancora che non ha la tempra, o che i soliti cosiddetti “poteri forti” non la favoriranno. Comunque sia, lei è partita. Non sarà “Tsunami Tour” alla Grillo, né camicia bianca e jeans da secchione alla Renzi, ma l’offensiva di “voce piccola e parole grandi” è partita.













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