Borgo, tre sorgenti inquinate dal cromo

Nella ex cava di San Lorenzo tra l’81 e l’83 l’Acciaieria aveva depositato (legalmente) le polveri che sono filtrate nell’acqua


di Marika Caumo


BORGO. Cromo esavalente nella ex cava di San Lorenzo: ora ci sono le prove. C'è voluto un anno e mezzo di analisi e controanalisi, ma ieri pomeriggio il sindaco Fabio Dalledonne in una lunga conferenza stampa ha portato le conclusioni, giunte appena giovedì scorso: l'inquinante deriva dalle polveri di abbattimento fumi delle acciaierie, conferite dal 1981 al 1983.

«Nessun abuso, la cava (che si trova all'imbocco della Val di Sella in sinistra orografica del torrente Moggio), dove fino agli anni '80 si estraeva ghiaia per sottofondi stradali, una volta esaurita è stata trasformata in discarica di materiali industriali. Una richiesta, quella fatta dall'Acciaieria, regolarmente autorizzata da Provincia e dal Comune attraverso la concessione edilizia», premette il sindaco. Nei due anni in cui è stata in funzione vi sono stati conferiti 150mila metri cubi di polvere di abbattimento fumi, distribuita nei tre gradoni previsti dal progetto. «Portata su dai camion, autorizzati, delle ditte Boccher e Angeli. Polvere finissima, la cui forma e volume è paragonabile al borotalco, soffice alla vista però pesante, sta ferma. Una polvere - prosegue Dalledonne - che contiene metalli, diossine, pcb e materiali derivanti dalla fusione dell'acciaio».

Dagli anni ’80 si passa dunque alla primavera 2012 quando, nell'ambito di un'altra pratica urbanstico - ambientale, venivano rilevate significative tracce di cromo esavalente (CR6) nelle acque di due sorgenti private ai piedi della discarica, lungo il torrente Moggio: fino a 10-12 mg/l quando il limite è di 5. Un elemento non presente naturalmente in natura. Il Comune informò Provincia e Procura della Repubblica, vietò l'utilizzo dell'acqua delle sorgenti e avviò una campagna di indagini mediante l'utilizzo di tracciante alla fluorescina. Con la collaborazione dei vigili del fuoco, della protezione civile, del servizio geologico della Provincia e della guardia forestale Nipaf di Vicenza, dopo aver fatto 3 scavi in trincea sono state buttate alcune tonnellate di acqua (5 autobotti dei pompieri) ed un piccolo contenitore con fluorescina. «Ci sia attendeva in breve tempo la relativa fuoriuscita del tracciante nelle fonti private, per dimostrare l'eventuale nesso di causalità tra la discarica e l'inquinamento delle sorgenti. Ma sono passati mesi e nulla, tanto che abbiamo fatto analisi anche sull'altro versante, quello che guarda verso Piagaro e Visle, pensando a un percorso diverso della falda, ma nulla», aggiunge Dalledonne. Approfondendo poi si scopre che la fluorescina si lega con le molecole del ferro di cui sono ricche le rocce, e ne viene trattenuta. Da qui la decisione di utilizzare, lo scorso settembre, un altro tracciante. Che a distanza di 2 mesi esce dalle 3 fonti private (una derivazione della seconda, inutilizzata, è stata rilevata recentemente), nemmeno 1km di distanza in linea d'aria, dimostrando che l'inquinamento deriva dall'ex discarica.

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