Artigiano trentino condannatoa pagare gli alimentialla figlia "bambocciona"

La ragazza è una studentessa fuoricorso all'università da 8 anni. L'uomo aveva smesso di versare l'assegno ma ha dovuto risarcirle gli arretrati



TRENTO. Divorziare vuol dire diventar poveri, anche per tutta la vita. Lo sa bene l’artigiano trentino che è stato condannato a pagare gi alimenti per una figlia di trentadue anni, fuoricorso a filosofia da 8. L’uomo, che si è ricostruito una famiglia a Bergamo, aveva smesso di pagare il mantenimento alla figlia quando questa aveva 29 anni. Ma la ragazza gli ha fatto causa.

 La separazione non è solo la fine di un matrimonio, ma anche l’inizio della strada verso la povertà. Lo sa bene un artigiano trentino sessantenne che vive a Bergamo da più di dieci anni. L’uomo era sposato con una trentina. I due hanno una figlia che adesso ha 32 anni. Si sono separati quando la ragazza ne aveva venti. L’artigiano aveva conosciuto una donna di Bergamo e aveva deciso di lasciare la moglie trasferendosi in Lombardia. Ha lasciato la moglie e la figlia. La ragazza già studiava all’università. Facoltà di filosofia. Già al momento della separazione, arrivò la prima botta economica non indifferente, dal momento che il giudice del tribunale di Trento assegnò la casa coniugale, in collina a Trento, alla moglie. La figlia venne affidata alla madre e il marito doveva contribuire al suo mantenimento con un assegno mensile di 700 mila lire, poi convertito in 350 euro.

 Il padre ha pagato l’assegno di mantenimento puntualmente per molti anni. Non ha mai sgarrato. Ogni mese versava i 350 euro, anche quando la sua piccola impresa era in difficoltà. La sentenza di divorzio, che nel frattempo era stata pronunciata dal giudice di Trento, prevedeva che l’assegno dovesse essere corrisposto fino a che la figlia non diventasse autosufficiente. L’uomo così ha pagato per nove anni. Nel frattempo aveva avuto altri figli dalla donna con la quale si era risposato, ma non si era mai dimenticato dell’appuntamento mensile con il bonifico bancario alla figlia. Solo che quando questa ha compiuto 29 anni ed era fuoricorso da sei, si è stufato.

 Per tre anni è andata bene. La ragazza ha fatto finta di niente. Poi, però, quando è arrivata a trentadue anni, ha deciso che ancora non poteva fare a meno del sostegno paterno. Non si era ancora laureata e voleva portare a termine gli studi. Così ha bussato alla porta di papà. L’uomo ha fatto finta di niente. Poi, dopo le insistenze della figlia, ha spiegato che non intendeva mantenere una donna fatta che avrebbe dovuto laurearsi già molti anni prima e trovare la propria strada nella vita. Per tutta risposta, la ragazza ha chiesto al giudice di Bergamo l’esecuzione della sentenza di divorzio pronunciata 12 anni prima a Trento. Il giudice non ci ha trovato nulla di strano e il padre ha dovuto riprendere all’assegno da 350 euro. Se non lo avesse fatto, avrebbe rischiato di vedersi pignorati i suoi beni. Il giudice ha anche fatto il conto degli arretrati e degli interessi. L’artigiano ha dovuto pagare 12 mila euro. E adesso spera solo che alla figlia torni la voglia di studiare













Scuola & Ricerca

In primo piano