A Ponciach, nel paese fantasma

«Quanta paura lunedì sera, decine di alberi crollavano tutt'intorno»



(segue dalla prima pagina) di Giuliano Lott Solo Antonio Nardin e la famiglia di Maria Grazia Holler sono rimasti nelle loro case. Gli Holler, allevatori, hanno una quarantina di vacche nella stalla e non se la sentivano di abbandonarle a loro stesse. Inoltre la loro abitazione è lontano dagli alberi. Anche Nardin, che abita nell'ultima casa prima del bosco, ha deciso di restare. «Sono nato qui e qui voglio morire, se proprio deve accadere» dice sorridendo sulla stradina, diventata un rio per la neve sciolta. «L'ho spiegato anche ai pompieri che erano venuti a prendermi. Mia moglie e mia figlia hanno preferito scendere a Cembra, all'albergo Europa con gli altri sfollati. Mia figlia è pure andata a lavorare, insegna a Segonzano».  La grande paura è passata, il sole di ieri ha sciolto quintali di neve fradicia che si erano ammassati sulle piante, facendone collassare a centinaia. «Lunedì c'era da aver paura, in effetti. Né luce, né telefono. Eravamo isolati. Qui anche i cellulari faticano a ricevere. Erano scesi almeno 60 centimetri di neve e continuava a fioccare. Poco sotto casa ho incrociato lo spartineve che stava aprendo un varco sulla strada che arriva fino a qui. Mi sono offerto di preparare il caffè ai macchinisti, mi hanno risposto che non avevano tempo. Li ho visti scendere. Ma sono tornati subito indietro. Un grosso albero era appena crollato proprio in mezzo al tornante qui sotto. Così anche lo spartineve è rimasto bloccato, fino a quando non sono arrivati i pompieri a liberare la strada a colpi di motosega. Finire schiacciati o indenni era questione di istanti». Oltre agli alberi caduti, già tagliati in tronchi e accatastati a bordo della erta stradina che attraversa Ponciach, decine e decine di faggi e castagni, con la chioma brunita dall'autunno ma ancora folta si sono piegati sotto il carico di neve pesante. Alcuni descrivono inverosimili curve, toccando terra con la punta.  «Allarme esagerato? Macchè, il sindaco ha fatto benissimo» spiega la signora Battistoni, seduta davanti alla tv su un divanetto dell'albergo Europa. «Abito a Ponciach dal 1968, anche se in maniera stabile solo dai primi anni Settanta, e non ho mai visto nulla di simile. Due anni fa ci fu una grande nevicata e rimanemmo isolati per qualche giorno, ma non ho mai avuto paura come lunedì. Un vento fortissimo, una bufera di neve bagnata. Sono uscita per rendermi conto di cosa succedesse e a pochi passi da me, dopo qualche scricchiolio, un ciliegio m'è crollato davanti, sollevando una nuvola di neve polverosa. Tutt'intorno si sentivano i tonfi delle piante. Contnuavano a caderne. Mi sono rifugiata in casa, fino all'arrivo dei pompieri».  Il disagio dello sgombero è stato forte, spiega l'anziana. «In casa propria ci si sente sempre più a proprio agio. Ma non c'era scelta, il rischio c'era e ce ne siamo resi conto. E poi siamo stati seguiti benissimo, il sindaco è passato qui in albergo la sera stessa per spiegarci la situazione ed è tornato anche il giorno dopo per aggiornarci sui lavori. Forse stasera (ieri sera, ndr.) potremo tornare in paese, la strada è già riaperta». Anche Anna Maria Nardin, moglie di Antonio, era terrorizzata. «Non ho nemmeno voluto guardare fuori dalla finestra. La paura era troppa». Tra gli sfollati, anche gli operatori e gli ospiti di Valle Aperta, un'associazione che tre volte l'anno organizza per oltre un centinaio di ciclo di due settimane di "vacanza" nella natura a oltre 100 malati di mente da tutta la provincia. «Lunedì era il primo giorno - spiegano gli operatori Lara Scarpa, Mario Holler e Giovanni Moar -, così abbiamo fatto in tempo ad avvisare le famiglie che l'iniziativa era rinviata per maltempo. Sono rimasti con noi solo due ospiti. Uno è di Cembra e di solito è ricoverato in una struttura lontana. Era contento, l'imprevisto era una sorta di ritorno a casa. Ha colto l'occasione per visitare la tomba della madre, in cimitero. Allarme ingiustificato? No, è sempre meglio non correre rischi. La nostra sede, all'imbocco della strada, è circondata da un bosco di larici secolari, li sentivamo scricchiolare».

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