Gabriella Viero, la ricercatrice che vuole “bloccare” la mutazione

TRENTO. Gabriella Viero è una ricercatrice dell’istituto di biofisica di Trento e sta conducendo una ricerca che punta a scoprire come funziona la “Sma”: solo così si riuscirà forse, un giorno, a...



TRENTO. Gabriella Viero è una ricercatrice dell’istituto di biofisica di Trento e sta conducendo una ricerca che punta a scoprire come funziona la “Sma”: solo così si riuscirà forse, un giorno, a trovare una cura. La incontriamo a Trento, dietro di lei in piazza Duomo ci sono una decina di turisti: «Vedi queste persone? – dice Viero – Fra di loro ci sono dei portatori sani e inconsapevoli di “Sma” che vivono la loro vita come se niente fosse e magari non lo sapranno mai. Secondo le ricerche, ogni 40 persone circa c’è un portatore di “Sma”, le probabilità che due di queste persone si incontrino e abbiano un figlio sono molto alte». In una città come Trento si stimano quasi tremila portatori sani della malattia: uno ogni 40, appunto. La “Sma” viene trasmessa dai genitori quando entrambi sono portatori della malattia: ci sono il 25% delle possibilità che da loro nasca un bambino malato, il 25% delle possibilità che sia un portatore sano e il 50% delle possibilità che non abbia alcun segno della malattia. La “Sma” colpisce circa un neonato ogni 10.000. È una patologia neuromuscolare che porta alla progressiva morte dei motoneuroni, le cellule nervose del midollo spinale. Tutto deriva da una mutazione genetica ereditaria del dna: dal malfunzionamento di un unico gene, l’Smn1. «Nella nostra ricerca abbiamo studiato il motoneurone – spiega Viero – in queste cellule è come se ci fosse una fabbrica di mattoni ed è come se questi mattoni dovessero essere portati lungo una strada, l’assone, fino al luogo in cui servono. Sapevamo già che queste strade sono rovinate in chi è malato. E sapevamo che è per questo che c’è l’atrofia dei muscoli. Noi abbiamo scoperto che in realtà ad avere problemi è la fabbrica dei mattoni. Ovvero, che nella Sma c’è un grosso difetto nel sistema deputato alla sintesi delle proteine». «Per noi tutto è iniziato quando nostro figlio aveva quasi un anno di età – ricorda Stella, mamma di Mirko Toller, ragazzino di Segonzano malato di “Sma” – Ci chiedevamo perché non camminasse, perché rimanesse sempre seduto. Lo abbiamo portato dal pediatra e lui ci diceva di stare tranquilli: “È normale”, ci diceva, “smettetela di preoccuparvi. Vedrete che camminerà”. Ma Mirko non migliorava, anzi aveva sempre più difficoltà anche a restare seduto. Alla fine lo abbiamo portato a Trento, gli hanno fatto altre analisi ed è arrivata la diagnosi. Era malato di “Sma”». (d.e.)













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