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L’imam: «L’attacco al nostro centro di Trento nasce dalla non conoscenza di ciò che è l’Islam»

Aboulkheir Breigheche ha messo al centro l’educazione delle giovani generazioni come elemento cruciale. E sul presepe e il crocifisso a scuola: “Come musulmani abbiamo un profondo rispetto per Gesù e la Vergine Maria”

IL RAID: A fuoco l’immondizia davanti al centro islamico


di Fabio Peterlongo


TRENTO. «Occorre favorire il dialogo tra la nostra comunità e la società trentina in generale e per questo è centrale il ruolo della scuola. È opportuno creare delle occasioni di incontro per vedere da vicino cos’è la comunità musulmana del Trentino».

L’imam del Trentino-Alto Adige Aboulkheir Breigheche ha messo al centro l’educazione delle giovani generazioni come elemento cruciale per evitare il ripetersi di fatti gravi come l’atto di intimidazione avvenuto poche notti fa ai danni della comunità musulmana trentina: alcuni sacchi dell’immondizia posizionati fuori dalla sede del Centro culturale islamico di Gardolo sono stati dati alle fiamme da ignoti, in un gesto che la comunità musulmana ha definito come «dettato da odio e xenofobia».

Imam Breigheche, da cosa nascono episodi come quello che vi ha colpiti?

Episodi come questo sono l’esito della non conoscenza di ciò che rappresenta l’Islam, anche in Trentino. Per questo occorre favorire il dialogo, prevedendo tempi e luoghi per il reciproco scambio di conoscenze. Sono pochissime le scuole che oggi prevedono una visita al nostro Centro culturale e al contempo raramente siamo invitati a farci sentire nelle scuole. Eppure vediamo che è forte l’interesse da parte degli studenti trentini. Nelle non frequenti occasioni di incontro che si svolgono all’interno delle scuole, i ragazzi ci fanno tante domande, alle volte critiche, a cui siamo felici di rispondere e non certo per fare proselitismo. Fare domande è un diritto e così anche dare delle risposte.

Per rispettarsi occorre “toccarsi” reciprocamente, comprendendo com’è la vita dell’altro.

Concretamente, in che modo l’Islam viene raccontato a scuola?

Sento di segnalare diversi episodi che abbiamo anche segnalato alle autorità competenti e riguardano i libri di testo scolastici, i quali contengono spesso grossolani errori sull’Islam, che viene presentato come religione dedita alla “guerra santa”. Abbiamo segnalato questi errori e stentano a venire corretti.

L’intimidazione di alcuni giorni fa mostra come alcuni considerino i musulmani come un corpo estraneo alla società trentina.

Parlando ancora di scuola, sono frequenti episodi di isolamento dei ragazzi musulmani da parte dei coetanei?

Il rischio c’è, ma ci tengo a sottolineare come i ragazzi musulmani arrivino da tantissimi paesi diversi ed in ciascun paese si praticano tradizioni e modi di vivere la religione molto differenti. Sono spesso gli stessi musulmani a non capirsi tra loro perché parlano lingue diverse: così usano l’italiano per comunicare. La scuola è sempre un bell’allenamento al confronto.

Si direbbe favorevole alla riforma dell’ora di religione cattolica per andare verso un’ora più inclusiva di “Storia delle religioni”? D’altronde la scuola pubblica è laica e come tale è di tutti.

Sullo status dell’ora di religione in questi anni non è cambiato molto. Per altro gli studenti che non si avvalgono dell’ora di religione rimangono senza un’alternativa valida, il più delle volte i ragazzi non sanno cosa fare. È una legislazione che discrimina gli alunni, per di più in un Paese dove è in vigore una Costituzione laica. Io lascerei l’insegnamento della religione alla competenza delle famiglie e delle comunità religiose.

La scuola pubblica è laica, ma talvolta viene strattonata per dare segnali identitari: si pensi ai presepi e ai crocifissi da esporre nelle scuole. Come interpreta questi messaggi?

Come musulmani abbiamo un profondo rispetto per Gesù e la Vergine Maria e siamo consapevoli che in Italia la stragrande maggioranza della popolazione è cattolica e che è questa la tradizione storica del Paese. Non ci sentiamo assolutamente offesi dall’esposizione del presepe e del crocifisso. Lascerei ad ogni specifico contesto la libertà di scegliere se esporre simboli religiosi. E laddove sorgano delle discussioni, sarebbe il caso di fare degli incontri culturali in cui ci si possa confrontare in uno spirito di dialogo.













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