Il mondo non sarà mai più lo stesso



Un tempo combattevano soldati in divisa. Oggi la guerra è invece in ogni senso totale: perché colpisce i civili - anche quelli che sono solo lontani spettatori - ancor prima dei militari. Perché ferisce non solo chi è coinvolto in questa mattanza senza fine, ma appunto anche chi osserva i confini sempre più insicuri e impercettibili fra le zone di guerra e la nostra normalità (o comfort zone, come la chiama qualcuno), improvvisamente altrettanto insicura. Molti - quasi in ogni angolo del mondo - non si sono ancora ripresi dai colpi della pandemia. E anche questo rende tutto ancor più precario: instabilità, anche psicologica, che s’aggiunge ad altra instabilità. Le parole che tornano continuamente sono insicurezza e angoscia. Per gli ucraini, certo, ma anche per ciò che può succedere a tutti noi da un momento all’altro. Mosca avanza a fatica: Putin, in un delirio che l’Occidente ha per anni oggettivamente sottovalutato (per non dire a tratti vezzeggiato), pensava di cavarsela in poche ore, al massimo in pochi giorni. Invece questo è già un Vietnam indefinito. Ai soldati russi, spesso giovani mandati allo sbaraglio, simili proprio a quelli che l’America mandò al fronte del sud-est asiatico tra il 1955 e il 1975, si affiancano ora volontari arrivati dalla Siria, paramilitari, milizie irregolari fatte di mercenari che nella guerra, come sin troppi fabbricanti d’armi, vedono un lavoro, un affare, un macabro business. E non dimentichiamo che l’Italia -a ricordarlo è stato ieri Angelo Mastrandrea sull’Essenziale - vende armamenti in 87 paesi: «E ha fatto affari con Putin anche dopo le sanzioni varate nel 2014 per la guerra nel Donbass».

Dopo giorni e giorni di guerra l’Ucraina smette allora d’essere un luogo fisico, reale, per diventare il giardino insanguinato di casa nostra, «una terra di bugie e di ossa in cui le morti anche in tutto il Novecento sono state cancellate o nascoste dal Cremlino» come ha scritto lo scrittore di origini ucraine Lev Golikin sul New York Times. «Vladimir Putin - ha aggiunto - ha scatenato una guerra che non è solo militare. Come i suoi predecessori al Cremlino, anche lui sta cercando di cancellare l’idea stessa dell’esistenza dell’Ucraina». A Mosca - in un conflitto che è anche giocato sulla disinformazione o sull’informazione a senso unico - è vietato parlare di guerra. Si parla di operazione militare speciale o addirittura di operazione per riportare la pace. Ma di pacifico non c’è più nulla. Si bombarda anche mentre si cerca di attivare un dialogo. Si spara su qualsiasi trattativa. Ed è difficile pensare che Putin accetti compromessi (ai suoi occhi) al ribasso. Lui non mette in conto l’idea di una sconfitta che per diverse ragioni - se non altro dal punto di vista simbolico, visto che Davide sta mettendo in difficoltà Golia - in realtà è già tale: infatti questo mondo in ginocchio, che risente parlare d’austerità e d’economia di guerra, non guarderà più con gli stessi occhi la Russia. E non sarà mai più il mondo di prima.













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