Chi soffre, chi decide, chi fatica e chi... va a spasso



Non è facile. Per nessuno. Non lo è, prima di tutto, per chi non ce la fa: per chi si trova a combattere una battaglia impossibile in un momento in cui la vita sembra fatta di carta velina. Non lo è per chi resta: orfano d’affetti, di gesti, di parole. Rileggetevi «Le parole che non ti ho detto» di Nicholas Sparks. Non aspettiamo troppo per lanciare nel mare di un’improvvisa solitudine una bottiglia piena dei messaggi che abbiamo nel cuore, impigliati fra pensieri continuamente rimandati, come fastidiosi appuntamenti col destino. Questo è il tempo delle parole da ritrovare. Delle telefonate da fare. Delle lettere da scrivere. 

Non sono poi facili, questi giorni, per chi combatte in prima linea rischiando di soccombere. Al Covid-19. Alla fatica. Allo stress. A un mostro che sembra indomabile e che ogni giorno si ripresenta nel volto di chi soffre, ai confini fra etica, morale, desiderio di salvare tutti e impossibilità oggettiva di poterlo fare. 

Non è facile nemmeno per chi guida le istituzioni, cercando di dettare regole generali che in troppi tendono ad aggirare. Inutile, da un certo punto di vista, prendersela con Conte o con Kompatscher se gli italiani sono indisciplinati. Il capo del governo fa quello che può: cercando di ascoltare i veri esperti e non i tanti che pensano d’essere virologi perché hanno passato mezza giornata a compulsare internet. Il presidente della Provincia ha certo confuso ancora una volta la periferia - dove due passi in solitudine in un bosco non fanno davvero male a nessuno - con la città, dove anche far uscire due genitori con un bimbo cambia tutto. Ma il tema non riguarda solo chi detta le regole. Anche se il Landeshauptmann, litigando con questo gigante sconosciuto, non può pensare di tener buoni tutti. Deve capire infatti che chi, soprattutto nel mondo delle imprese, ha voglia di ripartire, confonde la sua (drammatica) situazione personale con l’emergenza (assai più complessa) che strozza un intero Paese. Ma il tema riguarda in realtà tutti noi. Ieri, arrivando al giornale, ho fatto la coda ai semafori. Ho visto persone uscire dal supermercato con sacchetti talmente piccoli da imporre a chi li portava di dover tornare a fare la spesa nel pomeriggio. Ho visto code in farmacia: dopo tutti questi giorni, ancora scopriamo che ci siamo dimenticati di prendere questo o quello? Ho visto persone passeggiare con amici a pochi centimetri. Ho visto la primavera di un’umanità che ha deciso di riempire di vita Bolzano a dispetto di ogni regola scritta o non scritta. Le forze dell’ordine non possono essere in ogni angolo di una città che in poche ore è uscita, dimenticandosi che la morte è cieca e colpisce chiunque. C’è un unico modo per salvare noi e gli altri: non farci trovare per strada dal coronavirus. Chiaro? No, evidentemente.













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