Majorana, ovvero l’opera che diventa fisica 

Stefano Simone Pintor racconta l’appuntamento di sabato e domenica. «Si farà un viaggio dentro i misteri dell’universo»


di Katja Casagranda


TRENTO. La fisica entra a teatro con il nuovo appuntamento di «Oper.A 20.21», la stagione regionale di opera della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento. Incentrato sulla figura di Ettore Majorana, l’appuntamento con l’opera contemporanea è al Teatro Sociale di Trento sabato 20 e domenica 21 gennaio, rispettivamente alle ore 20 e alle 17. “Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse” è il frutto del compositore pugliese Roberto Vetrano su libretto di Stefano Simone Pintor che ne è anche regista. E’ Pintor che racconta la genesi e il corpo dello spettacolo che ruota attorno alla figura del fisico nucleare. E intanto oggi appuntamento al Sociale per un “dietro le quinte” dell’allestimento aperto al pubblico, alle ore 18. Nella Biblioteca Comunale, invece, domani, ore 17.30 Sala degli Affreschi, l’incontro moderato da Paolo Ghezzi titola “Un giallo all’Opera”, ospiti il fisico Stefano Oss, lo scrittore Paolo Domenico Malvinni, il compositore Vetrano e lo stesso Pintor, che abbiamo intervistato.

Come nasce l’idea di questo spettacolo?

«L’idea nasce dalla folgorazione per questa figura attraverso le pagine di Sciascia, che gli dedicò un libro. Un libro letto su consiglio di Vetrano e che mi ha fatto conoscere quello che può considerarsi il primo grande fisico teorico italiano aperto al pensiero della fisica ma anche a quello filosofico ed artistico».

La fisica moderna si può dire sia molto affine alla filosofia?

«Il fisico capace di racchiudere tutto l’universo in una equazione non crea nulla ma ha la sensibilità dell’artista e infatti lui amava Shakespeare, Pirandello, la musica di Schopenhauer e in Germania e Danimarca incontrò fisici che erano anche filosofi. Credo che la fisica quantistica abbia la capacità di esaminare la vita come fa il teatro».

Qual è il filo conduttore?

«Majorana era un’anima in pena che mentre indagava l’infinitamente piccolo, guardava dentro l’anima. Credo che in quell’ultimo viaggio sul traghetto del marzo 1938, la notte in cui sparì, il mare gli ispirò il moto ondoso con cui comprendere la funzione d’onda dello stato delle particelle. Un confine labile fra reale e metafisico, legati ai capisaldi dei sistemi del suo mondo, ovvero la fede e la fisica che è fede del dubbbio».

Cosa ci sarà in scena?

«Non certo la biografia di quest’uomo così grande e di cui esiste una vastissima letteratura e nemmeno un’ipotesi, ma uno sguardo poetico in cui sussistono tutte le possibili ipotesi che sono tutte realtà plausibili. Un viaggio dentro i misteri dell’universo che poi sono anche i misteri della vita e di ciascuno di noi. Una sorta di viaggio catartico in cui lo spettatore può immergersi e di cui sarà anche protagonista».

In che senso?

«Il teatro verrà coinvolto dalla realtà multimediale, un videomapping in cui ci si troverà immersi che permetterà di sperimentare tante realtà contemporaneamente e la stessa scena scende fino in platea, per cui per ogni replica lo spettacolo assumerà una nuova forma data dalla somma di tutto questo».

La musica?

«È nata assieme al libretto e alla regia, tutto è complementare perché con Vetrano abbiamo lavorato condividendo la costruzione per assemblaggio di tanti momenti, come una particella di cui Majorana è il centro e attorno ruota tutto».

E poi c’è altro...

«Mi piace che si siano organizzati tanti eventi collaterali perché questo è lo scopo del teatro: non essere un evento ma far uscire e coinvolgere la città, dare la possibilità di amplificare quello che verrà proposto in teatro, farlo crescere. Poi con l’Orchestra Haydn è un piacere lavorare perché è stupefacente e il Teatro Sociale è l’ambiente perfetto per quel suo spazio raccolto che rende il videomapping ancora più efficace».

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