L’intervista

Elisa Pichler, la musicoterapia per aiutare bambini e anziani

La musica era passione di famiglia. Oggi è la sua professione: «Arte e scoperta degli altri e di me»


Daniele Peretti


TRENTO. Elisa Pichler è sempre vissuta in un ambiente nel quale la musica era protagonista: il papà faceva parte del Coro della Sat e lei stessa sin da bambina si era avvicinata alla musica sacra. Ma non per questo la musica è stata la prima professione. Diplomatasi con un titolo da ragioniera, ha lavorato dapprima in azienda, ma nel 2005 ha deciso di dare una svolta alla propria vita professionale.

«Da impiegata non mi sentivo realizzata, così ho scelto di dedicare più tempo alla musica nella mia vita. Nel 2004 ho iniziato un corso di musicoterapia che mi ha portato ad essere un'educatrice domiciliare. Nel contempo mi sono iscritta al Conservatorio portando a termine i corsi di canto lirico».

Partiamo dalla musicoterapia.
Collaboro col Centro Trentino di Musicoterapia e i miei primi lavori sono stati in ambito psichiatrico a Salorno e a Pergine. In seguito nelle Rsa, a fianco dei bambini con bisogni speciali e dei ragazzi della Comunità di Camparta.

Realtà del tutto diverse tra loro nelle quali la musica che ruolo può avere?
Rappresenta il mezzo tramite cui far emergere il vissuto, i ricordi, magari vecchie passioni. Normalmente lavoro con persone che non vengono coinvolte in altri progetti: si ascolta musica, si cercano ritmi comuni fino a quando si apre un canale comunicativo e si inizia a dialogare con i suoni.

Un esempio?
Gli anziani affetti da demenza senile, che hanno perso i legami con la realtà. La musica può contribuire a ricostruire questo ponte, magari ascoltando quelle canzoni che andavano per la maggiore nella loro gioventù. Lentamente ritorna alla memoria qualche parola, iniziano ad accompagnare il ritmo e magari mi raccontano anche qualche loro ricordo.

La maggior soddisfazione?
Tutte le volte che si creano canali di comunicazione, come può essere anche uno semplice sguardo, con persone lontane dalla realtà. Si tratta di un percorso molto lungo per il quale ci vuole molta pazienza, bisogna riuscire a cogliere gli attimi su cui lavorare. Oltre alla pazienza è necessaria anche l'intuizione.

Al contrario una delusione?
Quando un progetto viene chiuso in anticipo per mancanza di fondi. Di recente mi è successo durante un percorso con bambini iperattivi, ma per fortuna sono casi rari. Oltre a una educatrice è anche un soprano. Un traguardo raggiunto non più giovanissima, ma che mi coinvolge molto. Canto insieme a cori ed orchestre, ma anche da solista. Mi ha fatto molto piacere il terzo posto al concorso per cantanti d'opera, il Garda in Opera Festival, che mi ha dato una spinta in più.

Un ricordo?
Tutta l'attività con le corali polifoniche, ma in particolare la mia partecipazione da solista in alcuni concerti dell'orchestra Haydn. La sua formazione è però maturata nella musica sacra. Sì, sin da piccola, nel coro parrocchiale. Nel 2015 ho partecipato al Festival di Musica Sacra. In più ho conseguito il diploma di Direttore di Coro all'Istituto Diocesano di Musica Sacra di Trento e per 17 anni ho diretto il coro parrocchiale di San Michele all'Adige che è il mio paese d'origine.

Porte aperte per il futuro?
Direi due. A breve sarò la voce solista nella Messa per Banda organizzata dal Laboratorio Musicale. La seconda mi permetterebbe di insegnare canto e vocalità, ma con un obiettivo preciso.

Quale?
Quello di scoprire talenti o come è successo a me che sono diventata soprano non più giovanissima, scoprire vocalità nascoste. Spesso il suono della voce nasconde interessanti caratteristiche che solo col lavoro si riesce a far emergere.

La voce richiede allenamento?
Certo, ha bisogno di una cura quotidiana. La voce per il canto arriva anche dal coinvolgimento di una serie di muscoli che vanno tenuti in allenamento. Le risonanze vanno sempre cercate e rinforzate.

Allenamenti singoli?
Non solo, è importante frequentare dei corsi di funzionalità vocale.

Cosa prova quando canta?
Difficile da dire perché si tratta di una sensazione interiore, molto intima. Alla fine direi che sono tre sensazioni: sensorialità, gioia ed emozione. Tutto s'innesca quando si entra in contatto con il pubblico, e le sue reazioni.

Per lei il canto è...
L'essenza del tutto. Come tutte le arti, permette di esprimere quello che hai dentro; ti proponi al pubblico e puoi piacere o meno ed è questa incognita che affascina.













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