L'INTERVISTA XHULIANO KAMBERAJ 

«Sognavo il Giro d’Italia, invece tornerò a lavorare» 

La brutta storia del Team E-Powers. Il ciclista di Grumo aveva firmato con la squadra  ungherese che ha lasciato a piedi anche l’eterno Davide Rebellin e l’altro trentino Toniatti


LUCA FRANCHINI


Trento. Dal sogno di partecipare al Giro d’Italia 2020 al nulla di fatto. Il motore del Team E-Powers Factory si è spento ancora prima di essere messo in moto, lasciando a piedi Xhuliano Kamberaj e altre 34 persone, tra corridori (tra cui anche il moriano Andrea Toniatti) e membri dello staff. Dopo un anno di stop, nel 2020 Kamberaj sarebbe dovuto tornare in sella. Il 25enne velocista albanese, trentino d’adozione, aveva firmato un contratto biennale con la nuova squadra di matrice ungherese, che mirava a ottenere una licenza Professional e doveva avere nell’“eterno” Davide Rebellin il proprio faro. Doveva, perché la squadra non muoverà il primo colpo di pedale. La comunicazione è arrivata ai corridori tramite una mail firmata dal manager Tamas Pocze: «Vi informiamo che le trattative tra gli sponsor e il Team Epowers Factory non sono fino ad ora giunte alla finalizzazione. Per questo motivo, il Team non è riuscito a rispettare la scadenza imposta per l’ottenimento della licenza Uci… Ciò comporta l’inevitabile risoluzione dei contratti tra Epowers Factory Team, i corridori e i membri dello staff... Vi auguriamo tutto il meglio per il prossimo anno».

Kamberaj, che contratto aveva firmato?

«Un biennale da circa 100mila euro – replica Xhuliano, cresciuto in Trentino, a Grumo, dove vive ancora la sua famiglia - In un punto è specificato che, qualora la società non avesse avviato l’attività, il contratto sarebbe decaduto. I contratti sono stati depositati all’Uci, che forse qualche colpa ce l’ha. Andrebbe chiesta qualche fidejussione a tutela dei corridori».

Che idea si è fatto sulla vicenda?

«Credo che il governo ungherese avesse deciso d’investire in una squadra professionistica per avere la garanzia di ottenere la partenza del Giro d’Italia 2020. Avuta quella, addio squadra».

Quante persone sono rimaste coinvolte?

«Quasi 50 persone tra corridori e staff, 35 avevano già firmato. Alcuni avevano lasciato il lavoro».

Eppure le premesse sembravano buone.

«C’era di mezzo il governo, non uno sponsor qualsiasi. Ci avevo creduto e invece... È l’ennesima dimostrazione che il corridore non è tutelato. Se non si tutela chi fa il ciclismo, chi si tutela? I soldi, gli interessi personali?».

Si sta comunque allenando?

«Sono a Gran Canaria. Avevo programmato un ritiro di 20 giorni, che ho pagato di tasca mia. Mi sto allenando, ma solo di rabbia».

E adesso?

«Alcune persone mi stanno aiutando a trovare una squadra. Aspetterò fino a metà gennaio, poi tornerò a lavorare».

Si sente ancora competitivo?

«Mi basterebbero sei mesi per dimostrarlo. Sono pronto a mordere il manubrio».

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













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