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Max: manca solo lo scudetto. Davide ora punta all'Eccellenza

Padre e figlio si raccontano: dalla prima Trentino Volley alle 124 reti in prima squadra


Daniele Loss


TRENTO. QUI DAVIDE: I prossimi saranno 28, esattamente il 29 ottobre. Per un attaccante è il momento “clou” della carriera, quello della maturità fisica, tecnica e tattica. Ecco perché “Bobo”, un soprannome che gli diedero i compagni di squadra Formolo, Tanel e Stefenelli ai tempi della Rotaliana, non fa mistero di essere ambizioso. «Insomma, l’anno prossimo mi piacerebbe giocare in Eccellenza con continuità – confida – o, quanto meno, poter disputare una Promozione a “vincere”. La mia “gavetta” l’ho fatta e adesso vorrei togliermi qualche grande soddisfazione, fermo restando che non rinnego nessuna esperienza. Sarebbe bello compiere un altro “saltino” in avanti».

Con i numeri ci lavora e, allora, se chiedete a Dalfovo junior quante reti ha segnato nella sua carriera a livello di prima squadra, la risposta è precisa, senza “più o meno”. «Centoventiquattro – certifica – e ne sono sicuro: nella passata stagione, alla quinta giornata d’andata, segnai una doppietta al Fassa. Vincemmo tre a uno e quelle furono la mia 100esima e la mia 101esima rete in campionati maggiori. La settimana dopo la società mi fece una splendida sorpresa, ovvero la maglietta celebrativa».

Valanghe di reti nel settore giovanile e poi, da giovane, pure in prima squadra, ma Dalfovo in rappresentativa non ha mai giocato. Niente Beppe Viola o Torneo delle Regioni. Come mai? «Questa è una bella domanda – se la ride – Io non ho mai militato in settori giovanili importanti e probabilmente non ero troppo conosciuto. A ripensarci un po’ mi dispiace». E, per chiudere, come mai quando papà Max è andato al Trento non l’ha seguito? «Orsini mi chiamò per la Juniores – conclude – ma io preferìi restare all’Aquila. Non volevo che si dicesse che giocavo perché ero il figlio del presidente».

QUI MAX: il calcio è una grande passione, il volley la sua vita. E, una volta appese le ginocchiere al chiodo, Max Dalfovo ha continuato a giocare. Con gli amici della Nazionale over 50 con cui ha disputato pure gli Europei di categoria e tanti match a scopo promozionale e benefico. E se gli chiedi chi è il giocatore più forte con il quale sia mai sceso in campo, la risposta è “secca” e sicura.

«Franco Bertoli – afferma – che, oltre ad essere il mio miglior amico, è anche un giocatore dalla tecnica e dalla classe immensa. Praticamente il “mani e fuori” l'ha inventato lui e anche negli ultimi di carriera riusciva a fare la differenza». Nessuno scudetto nel palmares (quando gli sottoponiamo la questione arriva l' “ahia” ironico di Davide), ma diverse Coppe, la maglia azzurra («per quella bisogna esserci sempre» ricorda) e il privilegio di aver lavorato con i “mostri sacri” del volley. Anche se Julio Velasco l'ha vissuto solo marginalmente. «Quando Giulio (così lo chiama, ndr) – è arrivato a Modena – io mi ero trasferito a Padova, ma una volta alla settimana andavo ad allenarmi con la Panini e, dunque, ho avuto modo di avere a che fare con lui in palestra. Un grande, punto e basta».

Domanda provocatoria prima di chiudere: a quelli che dicono che la Trentino Volley la serie A1 l'ha “comprata” da Ravenna cosa risponde? «Che l'ultimo step è arrivato con l'acquisizione dei diritti – tuona Max – ma l’analisi deve essere molto più ampia e onesta: il percorso è partito ad inizio anni '90, quando Mezzolombardo partì dalla serie C, arrivando sino all’A2 con tre, dicasi tre, promozioni nel giro di un decennio. E in A2 arrivammo sino ai playoff, poi ci fu la possibilità di rilevare la categoria da Ravenna, ma non bisogna dimenticare cosa c'è stato prima».

 













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