La storia

Il miracolo di Michele: la passione del trial che batte l’autismo 

Il papà Roberto Oberburger ci racconta la storia del figlio,  che ha iniziato a parlare dopo essere salito sulla moto


di Stefano Povoli


TRENTO. «Quando Michele indossa il casco sparisce l’autismo, questo è il miracolo dello sport». L’emozione sincera che traspare dagli occhi e dalle parole di Roberto Oberburger mentre parla di suo figlio racconta la vera essenza dello sport. Una storia di motori, ostacoli e inclusione sociale, una storia di vita. Michele è un ragazzo quindicenne che soffre di autismo a medio funzionamento, disturbo sul quale si è detto e scritto di tutto, forse perché tutto ancora non si sa.

«Ognuno di noi ha una porta davanti a sé – continua Roberto – bisogna solo trovare la chiave per aprirla, e con Michele ci stiamo riuscendo». Il giovane motociclista è un piccolo asso del trial, uno sport iniziato grazie all’insistenza dell’amica di famiglia, nonché campionessa italiana, Deborah Albertini, tra lo scetticismo iniziale del padre: «Ero riuscito a insegnare a Michele ad andare in bicicletta da poco, aveva sei anni e per un bambino autistico è una cosa tutt’altro che normale, come avrebbe mai potuto confrontarsi con una moto? No, impossibile». I limiti come le paure, sono spesso delle illusioni e Roberto lo ha imparato in fretta: «Andammo a provare, mio figlio inizialmente aveva paura, mi stringeva forte la mano». Il rombo della moto, il timore che pian piano scompare, il sorriso contagioso di Michele e ad un tratto delle parole forti e chiare «Scotta! Scotta!». Sì, Michele si era scottato nel scendere dalla moto, ma poco importava, aveva parlato. Per la prima volta nella sua vita. «Nessuna cura era riuscita a far parlare mio figlio, tranne il trial. Ma non chiamatela mototerapia, è semplicemente il potere dello sport».

Quando Michele Oberburger sale sulla sua moto non ha nulla da invidiare ai suoi coetanei, tanto da gareggiare insieme a loro con risultati sorprendenti. «Per tanti ostacoli che abbiamo dovuto affrontare, ci sono state altrettante persone che ci hanno aiutato a rendere tutto ciò possibile. Persone che hanno saputo comprendere la disabilità di mio figlio e che ci hanno supportato in maniera concreta, come i gestori dell’Off Road Park di Pietramurata che hanno permesso a Michele di fare i primi allenamenti, assumendosi la responsabilità di far girare sul loro tracciato un ragazzo affetto da autismo e alle prime armi».

La crescita sportiva e umana di Michele diviene così esponenziale, il giovane pilota ottiene i primi successi e diventa anche testimonial dei Vigili del Fuoco di Trento, del corpo che per definizione vive senza timore del rischio: «In caserma si sente a casa – conclude Roberto – tutti lo accolgono in maniera splendida. Il bello di mio figlio è la sua assoluta genuinità, quando lo vedo sorridere sono sicuro che stia bene e per me non c’è gioia più grande».

La prossima gara sarà in Liguria il 20 gennaio con Michele pronto a dare battaglia ai propri coetanei per cercare di conquistare l’ambito podio: «Mio figlio è la mia missione, voglio che sia un faro per tutti gli altri. È l’unico ragazzo autistico in Europa, e forse al mondo, a correre con una moto da trial. Il trial fa bene a Michele ma anche Michele fa bene a questo sport. Ci sono ancora troppi muri, dobbiamo abbatterli, tutti hanno diritto ad una possibilità».

Una battaglia quotidiana per fare in modo che la storia di proprio figlio sia un faro per tutte le famiglie che si trovano ad affrontare situazioni simili: «Mi confronto spesso con la Federazione motociclistica italiana, voglio che sia data la possibilità a tutti di partecipare alle gare, di emozionarsi e far emozionare tramite lo sport. C’è ancora tanto ostracismo, vogliamo contribuire ad abbattere le barriere e a far sentire tutti uguali, tutti umani».

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