«Il lockdown, tutto riposo. Le medaglie? Penso ad allenarmi» 

La regina del biathlon. «Erano tanti anni che non trascorrevo un periodo così rilassante Non credo che la stagione sia a rischio, il calcio sta già ripartendo. Vorrei disputare altre due annate decenti, ma dipende dal fisico e soprattutto dalla testa. Poi vorrei avere dei bambini»


MAURIZIO DI GIANGIACOMO


Castello di fiemme. Quello che colpisce di Dorothea Wierer è la schiettezza, la sua capacità di essere diretta. Anche con le parole la 30enne delle Fiamme Gialle va dritta al bersaglio, come i proiettili che escono dalla sua infallibile carabina. Del resto non potrebbe essere altrimenti, per la “regina” del biathlon, tre volte campionessa del mondo, due volte vincitrice della Coppa del Mondo, protagonista assoluta della rassegna iridata andata in scena pochi mesi fa nella sua Anterselva. Con la pandemia di Covid-19 di mezzo, sembra essere passato un secolo, invece si svolse solo tre mesi fa.

E il lockdown, paradossalmente, ha concesso all’altoatesina, che ora risiede a Castello di Fiemme assieme al marito Stefano Corradini, un lungo e preziosissimo periodo di riposo, anche dagli impegni “mondani” che certo non mancano nella vita di una celebrità come Dorothea. Nei giorni scorsi ha accettato di raccontarcelo: in questa lunga intervista siamo anche tornati sulla portata e sul significato dei successi più recenti, sulla polemica sollevata alla vigilia della rassegna iridata dalla collega Lisa Vittozzi e sugli equilibri delle squadre nazionali femminile e maschile, sulle prospettive per le prossime stagioni e su quella che potrebbe essere la vita di Dorothea Wierer una volta che avrà appeso il fucile al fatidico chiodo.

Ne emerge il ritratto di una donna straordinariamente sincera e consapevole, delle sue eccezionali capacità ma anche dei limiti di fronte ai quali un’atleta deve sapersi fermare.

Dorothea Wierer, dove ha trascorso questi mesi di lockdown?

A Castello. Nei giorni scorsi sono stata ad Anterselva, perché abbiamo iniziato gli allenamenti al poligono, ma sono già tornata a casa in Val di Fiemme.

Cosa le è mancato di più, in questo periodo di rinunce? Magari una lunga vacanza, che ha sicuramente meritato.

Neanche più di tanto, devo dire. Erano tanti, tanti anni che non trascorrevo un periodo così rilassante. Tutti gli impegni si sono sempre accavallati e anche di testa non sono mai riuscita a “staccare”. Anche quando andavo in vacanza, difficilmente riuscivo a “spegnere la testa”, pensavo sempre a quello che dovevo fare, a tutti gli impegni.

Quindi per lei non è stato un periodo così negativo, dal punto di vista del relax?

No, per me è stato veramente perfetto. Se non ci fosse stato questo lockdown, avrei continuato a girare come l’anno scorso, la primavera 2019 fu troppo, troppo impegnativa. Non avendo potuto davvero rilassarmi, ho iniziato l’ultima stagione che ero già stanca. Così, invece, ho potuto riflettere, riposarmi. Però mi è mancato molto vedere gli amici, la festa finale, che a me piace molto. Guardandomi indietro, il lockdown è passato velocissimo: nelle prime tre settimane non me ne sono nemmeno accorta perché ero stanca morta della stagione, stavo solo sul divano e ho fatto un po’ di lavori in casa.

Lei aveva gareggiato in clima Coronavirus, a fine stagione. E aveva protestato per quella situazione.

Sì, in Repubblica Ceca e in Finlandia. Non ho protestato, ho detto che a me sembrava strano che noi eravamo l’unico sport che ancora faceva le gare, quando tutti si erano già fermati. Anche se in Finlandia casi non ce n’erano, per me era un questione di principio: se tutto il mondo si ferma, perché noi dobbiamo correre?

Ai Mondiali di Anterselva, invece, non ci furono problemi?

Noi non ci siamo accorti di niente, anche perché alle notizie non facevamo caso. Io peraltro all’inizio pensavo che fosse una normale influenza, ma la settimana dopo i Mondiali mi sono resa conto che cominciava a girare voce che fosse una cosa molto più pericolosa. Ma devo ammettere che durante i Mondiali ho pensato ad altro.

Quanto ha ripensato a tutte quelle medaglie colte sulle piste di casa?

Neanche tanto, devo dire. Sicuramente sono molto soddisfatta, se non fosse andata così bene ci penserei di più. Tante volte pensi più alle delusioni che alle vittorie. Sono talmente tranquilla che non ci penso più.

Pensa alle prossime medaglie?

Intanto penso ad allenarmi, io non guardo mai troppo lontano, cerco sempre di pensare al presente, che è molto più importante. Ovvio, spero di arrivare in forma al prossimo inverno, anche perché non è mica detto: ho avuto due stagioni incredibili, la prossima potrebbe andare male. Ma non vorrei guardare troppo in avanti, perché non ha senso.

In ogni caso, ha riscritto la storia del biathlon italiano, fino a qualche anno fa legata ad altri cognomi. Adesso la padrona assoluta è lei.

Onestamente non penso tanto nemmeno a questo. Erano altri tempi, a me fa piacere che il biathlon sia diventato di nuovo così popolare, che sono riuscita – assieme alla mia squadra – a farlo conoscere di più. Dopo i successi degli anni ’90, compresi quelli del mio allenatore Andreas Zingerle, nei decenni successivi aveva subito un calo di attenzione. Invece adesso lo abbiamo riavvicinato al grande pubblico.

Con i successi di Anterselva ha anche sistemato un po’ le gerarchie di squadra: la polemica sollevata alla vigilia da Lisa Vittozzi era stata clamorosa.

Ero rimasta molto delusa, nessuno mi aveva mai detto niente, ho letto quelle cose su internet. È stato molto triste, io sono una persona che, se ha dei problemi, parla direttamente con la gente. A me piacciono le persone che non nascondono niente, che ti dicono le cose in faccia, oneste. È stata una grande delusione, ai Mondiali i primi giorni non ero felice, poi ho cercato di concentrarmi solo su me stessa, senza badare a quello che pensa la gente. Ma anche a me le brutte notizie fanno male, sapere che la Vittozzi pensava che mi ero rifiutata di gareggiare ai Mondiali per vincere la Coppa del Mondo è stato brutto. Sono discorsi veramente ridicoli perché nel biathlon non puoi programmare nulla.

La gelosia è pericolosa, a tutti i livelli. Ma è vero che fa più danni nelle squadre femminili, o è una cattiveria dei maschi?

No, non direi. Dipende dagli ambienti e dai caratteri. Io sono una che chiarisce le cose subito, qualcun’altra non ha il coraggio. Ma da noi anche i maschi sono gelosi dei loro colleghi: io osservo le persone, vedo quando uno è invidioso o quando è tranquillo.

In questo momento come si sta allenando, senza certezze sulle scadenze della prossima stagione?

Per adesso mi sono allenata da sola, un po’ di corsa, bicicletta, la forza a casa, il primo periodo dobbiamo farlo da soli, ognuno al suo ritmo. Io non credo che la stagione possa essere a rischio, guarda il calcio, sta già riprendendo! Prima delle nostre gare ci sono ancora tanti mesi, c’è la possibilità di gareggiare al Nord, dove non hanno mai smesso di allenarsi. Ma secondo me la situazione tornerà alla normalità anche qui da noi, la gente dimentica velocemente, si vede già andando in giro, a pochi giorni dalla fine del lockdown. In qualche maniera troveremo una soluzione, magari facendo il tampone o i test sierologici. Insomma, si gareggerà come sempre, anche se forse a porte chiuse, quello bisogna accettarlo.

A proposito di lockdown: com’è andata nella sua Anterselva e nella sua Castello di Fiemme?

Ad Anterselva non ci sono stati chissà quanti casi, a Castello di Fiemme un po’ di più, ma non come in Val di Fassa, ad esempio.

Quando andreste a sciare, in testate, voi biatleti?

Noi non ci andiamo, il nostro problema è il poligono, mettiamo i pattini a rotelle e rimaniamo qui ad Anterselva. In ottobre andiamo a Ramsau, in Austria, dove ci sono il ghiacciaio per sciare a la pista da skiroll con il poligono.

In Val di Fiemme non ha un poligono fruibile?

A Lago di Tesero c’è un poligono, ma non c’è la pista da skiroll. La stanno costruendo a Passo Lavazè, con tanto di sagome, quella sarà perfetta.

Tra suo marito Stefano, l’allenatore Zattoni e la casa a Castello di Fiemme, si sente un po’ fiemmese o è sempre un’altoatesina?

Io sono un mix perfetto... È difficile dirlo: non dimentichi mai dove sei nata e cresciuta, con il mio accento direi che sono proprio altoatesina. Sono un po’ giù a Castello, un po’ su ad Anterselva, spesso in giro per gli impegni, sono una vagabonda. Ma a Castello di Fiemme ho trovato persone molto tranquille e per allenarmi è un posto perfetto, c’è la ciclabile, i passi Manghen, Rolle e Lavazè per fare lo skiroll, il poligono, la caserma della Guardia di Finanza, di tutto e di più.

È riuscita a difendere il suo staff? Avevamo letto che aveva chiesto che fosse rispettato.

Si, sono stati confermati i miei due allenatori Andreas Zingerle e Andrea Zattoni e anche gli altri due membri. Abbiamo lavorato molto bene assieme, costruendo un rapporto di fiducia molto stretto. Per me è importantissimo potermi fidare di loro. Sono persone che hanno molta passione e non è sempre così, a volte ci sono quelli che lo fanno perché gli fa comodo.

Quante stagioni si sente di poter gareggiare ancora?

È difficile dirlo, provo a fare quest’anno, vediamo. È un discorso molto legato al fisico, nella scorsa stagione da ottobre in poi avevo tantissimo mal di schiena, per una piccola ernia, e non è stato molto semplice anche dal punto di vista mentale. Quando sei uno sportivo e hai un problema pensi sempre al tuo corpo, perché quella è la macchina, se c’è un pezzo che non va è ancora più difficile. Adesso sto molto attenta a non caricare troppi pesi in palestra, a rinforzare tanto addominali e dorsali che mi aiutano quando carico un po’ di più. E poi vediamo quanta voglia ha la testa, perché secondo me la testa è la cosa più importante: voler migliorare, voler dimostrare di essere la migliore, sfidare te stessa, andare al limite.

Quindi è inutile che le chieda se vuole arrivare a Pechino o ancora più avanti?

Sicuramente sarebbe bello fare due stagioni decenti, poi magari quest’anno scoprirò che non ce la faccio più di testa. Può succedere, soprattutto agli sportivi, un anno va bene, l’anno dopo non vai più, è davvero complicato.

A Milano Cortina 2026 non ci pensa nemmeno, quindi?

36 anni sono un po’ troppi.

Finita la carriera, visto il successo che ha sui social, potrebbe fare la modella.

Non sono alta abbastanza per fare la modella e anche troppo muscolosa.

Intendevo la testimonial.

Ho già parlato con alcuni dei miei sponsor e mi hanno detto che sarò loro testimonial per tutta la vita. Dipenderà da cosa offre la vita: vorrei una famiglia, dei bambini, più impegni hai e meno sei a casa, bisognerà vedere.

Ma se Dorothea Wierer non avesse scoperto il biathlon, cosa avrebbe fatto: avrebbe studiato, avrebbe abbracciato una professione?

Forse avrei studiato, ma a scuola ero pigra, dalle medie in poi non avevo tanta voglia di studiare. Adesso, se penso al passato, mi sarebbe piaciuto studiare marketing, lavorare negli eventi, a contatto con le persone, non certo dietro una scrivania. Spero di poterlo fare in futuro, ma ci vuole anche la testa.

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