ciclismo

Ignazio Moser dice addio alla bicicletta

Il figlio del Checco ha deciso di smette: «Basta, mi dedico al vino di casa»


di Luca Franchini


TRENTO. Ignazio Moser appende la bici al chiodo. Una scelta in parte sofferta, ma maturata nel corso della stagione e che lascerà forse con l’amaro in bocca i tanti tifosi del campionissimo papà Francesco, il corridore italiano più vincente di sempre. Dopo due anni di professionismo con la formazione giovanile della Bmc Racing, la Bmc Development, il ventiduenne figlio d’arte ha deciso di lasciare. «Sono fermo ormai da tre settimane - racconta Ignazio, in questi giorni costretto a letto dalla varicella - Ho disputato la mia ultima corsa la penultima domenica di agosto, poi ho deciso di dire basta».

Ragazzo maturo e intelligente, Ignazio ha riflettuto a lungo sulla possibilità di proseguire con l’attività agonistica, ma dopo le attente e ponderate considerazioni del caso, ha fatto la propria scelta. Questa volta definitiva. «Sono arrivato a una conclusione per un insieme di cose - aggiunge Ignazio - Da un certo punto di vista, il ciclismo non mi piace più. Sentivo che non era più la mia vita. Facevo fatica… a fare fatica. A darle un senso. Non parlo tanto di fatica fisica, ma proprio della vita del corridore. Penso che, quando inizi a fare ragionamenti di questo tipo, sia già troppo tardi».

A dire il vero, già cinque anni fa era arrivato il primo parziale abbandono, dopo la lunga serie di vittorie conquistate da esordiente e i successivi due anni da allievo, che al contrario erano stati meno ricchi di soddisfazioni. Poi il ritorno di fiamma nel 2010, con l’argento ai campionati italiani juniores su strada e l’oro nell’inseguimento individuale alla rassegna tricolore su pista di Mori, a precedere le due stagioni da dilettante e la nuova avventura alla Bmc, con la vittoria in Giappone nel 2013 e i due successi del 2014 (Botticino e tappa al Tour de Guadeloupe).

«Cinque anni fa, quando ne avevo 17, mi ero già fermato per una stagione - spiega Ignazio - ma ero ancora giovane, ancora in tempo per risalire in sella. Ora ho 22 anni: sono ancora un ragazzo, è vero, ma ho anche un’altra maturità, un’altra consapevolezza. Per come la vedo io, e per come la ho vissuta in famiglia, a casa Moser si è sempre concepito lo sport come "eccellenza". La vita dello sportivo ad alto livello comporta un certo stile di vita e determinati sacrifici, che penso valga la pena di sostenere solamente se si hanno dei risultati eccellenti. Ci sono tanti professionisti disposti a fare una carriera da gregario, da gennaio a ottobre, e così si guadagnano da vivere. Scelta rispettabilissima, s’intenda, ma il mio carattere non mi permette di essere così. Non so se è una fortuna o meno, ma questo è quello che penso e sento».

Le due ruote, ad ogni modo, hanno dato e regalato tanto a Ignazio Moser, che si è nutrito di pane e ciclismo fin da piccolo ed è salito sul podio in ogni categoria, prima con la maglia della Montecorona, la società presieduta dallo zio Diego, poi con quelle di Lucchini, Trevigiani e Bmc. «Un’esperienza indimenticabile - conferma il 22enne figlio d’arte - e non per nulla consiglio vivamente ai giovani di praticare il ciclismo. Una scuola di vita non indifferente. Quello che ho imparato da questo sport non me lo potrà togliere nessuno e ne farò tesoro in qualsiasi ambito, professionale e non. Il ciclismo mi ha anche permesso di viaggiare molto e conserverò uno splendido ricordo di questi anni. Poi, però, si arriva ad una età in cui ci si pone delle domande: il ciclismo mi darà da vivere tutta la vita o rischia di diventare un capriccio per non andare a lavorare? Io so che sono arrivato fin qui con le mie gambe e qui ho deciso di fermarmi».

Ignazio scende dalla bicicletta, si toglie casco e scarpette. E ora? «Il mio futuro lo vedo nell’attività di famiglia (Cantine Moser, ndr) - replica - Prima, però, vorrei fare qualche esperienza lavorativa fuori, perché penso sia importante per me e per la mia crescita sotto il profilo professionale. L’idea è quella di andare all’estero. Ci sto pensando, ma la mia nuova vita riparte da qui». Una nuova sfida per il giovane Ignazio. Con l’augurio che, anche questa volta, possa essere un successo.













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