Quote in Iccrea, Ccb ora passa alle vie legali 

Pronta l’impugnazione delle modifiche statutarie del gruppo romano Da Trento lettera che annuncia la volontà di tutelarsi contro «azioni pregiudizievoli» 


di Luca Petermaier


TRENTO. La partita che si sta giocando tra Cassa Centrale Banca e Iccrea sulle azioni di quest’ultima possedute dal gruppo trentino fa segnare oggi un colpo di scena che porta il livello dello scontro su un piano giudiziario. Con una scelta non inattesa, infatti, Ccb ha fatto sapere a Iccrea che intende impugnare le modifiche statutarie varate dal gruppo romano nel corso dell’ultima assemblea. Si tratta di modifiche che incidono pesantemente sul valore di quel 22% di azioni detenute dal gruppo trentino, stimate in circa 240 milioni di euro. Il gruppo trentino, infatti, punta a cedere quelle quote nell’ambito di una soluzione negoziale coerente con quello che in una lettera inviata qualche settimana fa a Iccrea era stato definito «l’obiettivo più volte espresso dalla Banca d’Italia di assicurare un percorso ordinato di costituzione dei gruppi bancari cooperativi».

Il problema è che nell’ultima assemblea (quella che ha formalmente varato il nuovo gruppo bancario) Iccrea ha approvato una delibera che limita al 10% le azioni detenibili da un socio. Questo senza consentire a Ccb il diritto di recesso e quindi la possibilità di vendere la parte in esubero di quelle quote ad un prezzo giudicato congruo.

Il presidente di Ccb Giorgio Fracalossi e l’ad Mario Sartori, in quell’occasione, avevano deciso di non partecipare all’assemblea dando un segnale di contrarietà rispetto alla delibera in questione ma senza esacerbare gli animi con un voto contrario. Con Iccrea era parso aprirsi persino uno spiraglio di dialogo ma le notizie che giungono ora sembrano andare in senso contrario.

Stando alla comunicazione partita da Trento e diretta nella Capitale, Ccb giudica pregiudizievoli le limitazioni «senza introdurre forme di compensazione», vale a dire liquidazione o conguaglio. La soglia del 10%, continua la società guidata da Giorgio Fracalossi - «appare ingiustificata e arbitrariamente indicata» e «non è giustificata dal fine di escludere situazioni di controllo della capogruppo da parte di soggetti esterni». In sostanza il gruppo trentino ribadisce quanto ha sempre sostenuto e cioè che le modifiche apportate non sarebbero funzionali alla trasformazione di Iccrea in gruppo bancario e quindi dovrebbero consentire il diritto di recesso.

Salvo diverse soluzioni (al momento improbabili) la vicenda si sposterà ora sul piano giudiziario. Del resto sul piatto ci sono 240 milioni di euro e non c’è dubbio che nessuno dei gruppi bancari vi rinuncerà a cuor leggero.















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