Orbari, gli “angeli” trentini che stanno salvando Petra 

Eccellenze locali. L’impresa di San Lorenzo Dorsino sta per ripartire per la Giordania dopo aver vinto un nuovo appalto Unesco per mettere in sicurezza il sito patrimonio dell’umanità


Luca Petermaier


Trento. Quella di orbari (azienda trentina che opera nel campo del consolidamento e bonifica di pareti rocciose in situazioni estreme, fondata nel 1982 dai tre amici alpinisti elio orlandi, marco bazzanella e livio rigotti) è la storia di un’eccellenza trentina che ha esportato il talento, l’innovazione e la capacità imprenditoriale in giro per l’italia. questione di metodi di lavoro, di abilità organizzative, in una parola sola: di qualità che, alla fine, viene premiata in tutti i settori, che siano faticosi disgaggi o attività altamente innovative.

Orbari ora allarga i suoi confini e si spinge fino in medio oriente dopo aver vinto un appalto unesco di prestigio assoluto: la messa in sicurezza di alcuni settori del sito di petra, una delle meraviglie dell’umanità, patrimonio unesco e visitato l’anno scorso da quasi 1 milione di turisti.

Nel quartier generale di san lorenzo dorsino tutto è pronto per la partenza di questa seconda parte dell’avventura in giordania: «eravamo già stati a petra l’anno scorso - spiega roberto rigotti, 27 anni, figlio di livio - dopo esserci aggiudicati un appalto dell’unesco per la messa in sicurezza del sito. la qualità che abbiamo messo sul campo e la nostra professionalità ci hanno premiato e quest’anno ritorneremo in giordania per proseguire i lavori di consolidamento».

Per lavorare a petra devi essere il migliore nel tuo campo e la orbari può considerarsi una delle eccellenze mondiali in questo settore. «resteremo in giordania da quattro ai cinque mesi - racconto il giovane rigotti - finché non avremo ultimato la messa in sicurezza del “siq”, la lunga gola di ingresso al sito vero e proprio, alta e stretta, percorsa ogni giorno da migliaia di turisti».

La sola petra garantisce qualcosa come il 30% del pil annuale della giordania. chiuderla anche solo per un giorno comporterebbe un danno economico che il governo non vuole nemmeno prendere in considerazione: «ecco perché dovremo lavorare prevalentemente di notte - continua rigotti - da mezzanotte alle cinque del mattino. il sito apre tra le 6 e le 6.30 e chiude attorno alle 17, ma un paio di giorni alla settimana riapre anche la notte. noi dovremo adeguarci a questi orari».

Restare appesi nel vuoto a cento metri da terra con un martello pneumatico in mano non è agevole mai. figuriamoci in piena notte e per giunta in un luogo dove non puoi sbagliare perché quasi “sacro”: «installeremo fotocellule e dovremo utilizzare tecniche di lavoro e materiali adatti alla situazione, ma è una bella sfida».

In realtà - spiega rigotti - il problema più grande non è nemmeno questo: «è la logistica. dobbiamo far arrivare tutto il materiale via nave ad aqaba. da qui trasferirlo a petra e trasportarlo all’interno del sito a mano, con jeep o addirittura a dorso di muli visto che l’uso di elicotteri è vietato per ragioni di sicurezza».

Dopo il consolidamento delle pareti tutto sarà mascherato con i colori dell’arenaria di petra in modo da rendere praticamente invisibile l’intervento rispettando così la naturalezza dell’ambiente. «lavoriamo per l’unesco, ma anchE per l’intera umanità: quel sito è magico, va visto almeno una volta nella vita, ma è in tali condizioni di instabilità che se fossimo in italia avrebbero già chiuso e buttato via le chiavi» - scherza (ma non troppo) rigotti.













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