Ricordando Agnes Heller: l’impegno a restare umani 

La Settimana internazionale. Sala piena venerdì a Rovereto per la serata voluta dal Cava In sala, a far rivivere la filosofa scomparsa, Mario Cossali, Francesco Comina e Genny Losurdo  


Anna Maria Eccli


Rovereto. Ha terminato la propria vita parlando d’amore, vale a dire del più instabile, pericolante, bisognoso di cure, ma miracoloso, sentimento umano. Il che può apparire strano per una marxiana, in origine, come Agnes Heller, che in gioventù negava valore filosofico a tutto ciò che, inerendo piccole “frazioni” del tutto, era incapace di intaccare la struttura stessa di quel “tutto”. Ma sabato scorso, a Rovereto, nel ricordo della filosofa ungherese sopravvissuta alla Shoah e morta lo scorso luglio nuotando nelle acque del lago Balaton, non c’era troppo spazio per le disamine filosofiche (e, del resto, la virata verso il sentimento e i bisogni esistenziali l’ex allieva di György LuKàcs l’aveva già compiuta da tanto tempo, almeno da 50 anni). La serata, messa in porto dal Coordinamento delle associazioni della Vallagarina per l’Africa (Cava) nell’ambito della rassegna internazionale di letteratura della Libreria Arcadia di Rovereto, a cui avrebbe dovuto presenziare pure lei, per lanciare l’ultimo libro scritto, “Il demone dell’amore. La grande filosofia al cospetto di un sentimento che infiamma”, è diventato, necessariamente, il momento per un commosso ricordo di questa intellettuale vivace, che a 90 anni aveva conservato spirito esplorativo, voglia di vivere, di viaggiare, di comprendere, di insegnare. Al tavolo degli oratori, il critico Mario Cossali, Genny Losurdo, interprete, linguista, giornalista che si occupa di diritti umani e Francesco Comina, scrittore e giornalista coautore, con la Heller, del libro edito da Gabrielli (letture di brani del libro da parte di Mara Da Roit). Assieme hanno raccontato come le pagine (che Cossali ha paragonato a un dialogo socratico, ricordando il Simposio di Platone, sull’inclusività universale rappresentata da amore) siano nate tra la pace del monastero di San Zeno, nel veronese, luogo di quiete dalle passioni; hanno ricostruito lo spirito da ragazzina di questa filosofa dal fisico asciutto, da grande nuotatrice, che è riuscita a vivere a lungo libera, nonostante gli orrori della Shoah impressi nella mente, indomita critica politica, soprattutto dopo la svolta a destra dell’Ungheria, golosa dei piatti che le si paravano davanti, scossa dal “tradimento d‘amore” politico, gelosa delle proprie abitudini. Nemica giurata dell’etnonazionalismo, radice di repressione di tutte le libertà, Heller negli Anni ’70 era approdata alla “teoria dei bisogni”, distinguendo tra “bisogni alienanti”, quantitativi, come possedere denaro e potere, e “bisogni radicali”, qualitativi, come l’introspezione, l’amicizia, l’amore, la convivialità ed il gioco. Comina ha ricordato i 12 anni di amicizia che li hanno legati: «Per me era un grande punto di riferimento, un’amica con cui ho condiviso empatia non solo filosofica, ma anche esistenziale». Ha raccontato della sua incontrastabile attrazione verso l’acqua. Fiumi, laghi, mari: ovunque poteva si tuffava, lo fece persino nel Rio delle Amazzoni, infestato da piranha e coccodrilli: «Traumatizzata dalle esperienze vissute nel campo di concentramento, non riuscì per anni ad attraversare ponti, o tunnel». L’acqua, fluida sostanza di vita, e la narrazione, altra sostanza vitale. la aiutarono a superare il trauma. Ma proprio nell’acqua fu sorpresa dall’arresto cardiaco, il 19 luglio scorso: «Un colpo di teatro, la sua morte, se ne è andata in un luogo abituale, che frequentava da 40 anni, ospite dell’Accademia delle Scienze ungherese», ha detto Comina. Ha parlato del suo prediligere gli spazi della vita quotidiana a quelli accademici e la vitalità straordinaria con cui era «sempre alla ricerca del senso delle cose». Amava l’arte e nell’ultimo libro le voci di Shakespeare, Hölderlin, Leopardi si intrecciano: «Aveva un sentire mistico, contemplativo». La filosofa ebrea, consapevole dei valori del cristianesimo, ha posto l’accento sulla necessità della bontà, del riconoscere il bisogno dell’altro, del nutrire amore per il prossimo. Questa, del resto, era stata l’ultima raccomandazione del padre, contenuta nella lettera-testamento scrittale poco prima di venire ucciso, ad Auschwitz. Occuparsi del povero, dello straniero, del perseguitato: questo fa l’uomo maturo, senza lasciare traccia del proprio operato, perché il bene è silenzioso. “Il demone dell’amore” contiene anche uno scritto per i 90 anni dalla morte di Anna Frank, morta nel campo di sterminio a 15 anni. Aveva solo un mese meno della Heller: “Non ci è stato dato di vivere la giovinezza”, ha scritto la filosofa, profeta di nuova tirannia. E’ stato anche ricordato uno dei suoi libri più belli, “L’uomo del Rinascimento”, scritto a 34 anni mentre era a Firenze, intreccio di poesia, pensieri, riflessioni: «Il Rinascimento come progetto umano di rendere più umano l’uomo - ha commentato Cossali – A Firenze Agnes ha vissuto il sogno di un mondo adeguato all’uomo». Toccante, poi, è stato l’intervento di Paolo Maria Noseda, interprete, collaboratore della trasmissione “Che tempo fa” di Fazio, anche lui amico della filosofa: «Era affascinante. Se ne è andata lasciandoci un libro sull’amore. Con il mio lavoro di interprete devo entrare nella mente di chi traduco e lei aveva una mente cristallina. Provavo una specie di spaesamento nello stare concentrato per carpire ogni nuance del suo pensiero ed ero sempre più sorpreso per la bellezza delle sue parole. Agnes era un’enorme studiosa, che non intimidiva, che non litigava. Trovava il litigio cosa sciocca. Respirava con gioia, centellinava ogni momento della vita». In una delle ultime interviste, il 15 aprile scorso, aveva tracciato l’immagine di un’ Europa disastrosa, stretta tra xenofobia, desiderio di cambiamento, burocrazia, interessi particolari, ignoranza storica, ricorso all’uso del capro espiatorio per dare un volto al nemico e crescita dei nazionalismi. Una situazione fertile per i totalitarismi, assai simile a quella esistente subito prima della prima guerra mondiale. “L’inizio della fine non è ancora storia, ma futuro”, ha dichiarato, facendo tremare i polsi. Quando, in occasione d’un recente convegno in compagnia di Zygmunt Bauman, le fu chiesto se la bellezza ci salverà ha risposto di no. La bellezza non ha poteri taumaturgici. Ci potrà salvare solo il desiderio che di essa abbiamo.













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