L’INTERVISTA »SIMONE SASSUDELLI

TRENTO. Ha debuttato in questi giorni su uno dei palchi più prestigiosi in fatto di musical, il Carpenter Performing Arts Center di Long Beach in California, Simone Sassudelli, nativo dell’Altopiano...


di Katja Casagranda


TRENTO. Ha debuttato in questi giorni su uno dei palchi più prestigiosi in fatto di musical, il Carpenter Performing Arts Center di Long Beach in California, Simone Sassudelli, nativo dell’Altopiano della Vigolana ed ora cittadino del mondo. Un curriculum di tutto rispetto che prima lo ha visto studiare in Italia e poi volare negli States per laurearsi artista completo. “Smarcato” dal fatto di essere uno dei fratelli della band rock i The Bastard Sons of Dioniso, Simone Sassudelli è un astro nascente internazionale e da ieri è nel cast di “Oliver”produzione Musical Theatre West, che per chi non lo sapesse è uno dei più rinomati centri musical della West Coast.

Dall’Italia all’America, come è cambiata la vita?

«Mi si è aperto un mondo il sogno è sempre stato quello di viaggiare, raggiungere gli Stati Uniti e fare musical. È stato durante un viaggio in America con la mia famiglia che l’ho capito e quindi ho indirizzato il mio impegno in quella direzione. Ho frequentato al SDM Scuola del Musical, sono entrato nel cast di “West Side Story” della Wizard Production quindi ho partecipato alle audizioni per l’ American Musical and Dramatic Academy di Los Angeles dove ad ottobre mi sono diplomato. L’obbiettivo è quello di restare. Iniziando tardi a danzare ho compensato con il duro lavoro e ho avuto risultati quindi continuo a lavorare sodo e vedo che questo viene apprezzato».

In che senso?

«Nel senso che sia nelle audizioni che in qualsiasi altro contesto vengono molto valorizzati l’impegno, la disciplina e il lavoro. Qui riscontro un forte valore della meritocrazia e del merito al lavoro e impegno. Le conoscenze possono solo darti una mano indirizzandoti in un posto piuttosto che un altro ma poi quando sei sul palco per qualsiasi provino conta solo ciò che sai fare e come lo sai fare».

Quali opportunità ci sono?

«Qui devi darti un gran da fare nel scovare siti e comunicazioni di provini, audizioni e altro. Diciamo che se cerchi trovi tantissime occasioni, io invio richieste tutti i giorni e sostengo in continuazione audizioni. Essendo Los Angeles occasioni ce ne sono davvero tante. Per esempio da ottobre ho già fatto varie pubblicità e anche un film».

Ti vedremo al cinema?

«Magari sì, ma stiamo parlando di cinema indipendente, non circuiti grossi come Netflix o Holliwood dove devi avere per forza un agente ecc. Sono fra i protagonisti di “The Shell” film di fantascienza e d’azione ambientato nel futuro dove interpreto un ragazzo italiano che cercadi scappare da una situazione cercando un riscatto personale e si troverà a difendere il fratello maggiore. Il film girerà nei Festival del Cinema e se va bene arriverà nelle sale. E’ stata un’esperienza molto bella ed interessante».

Come si entra nel sistema?

«Ci si deve dare da fare e conta tantissimo sapersi promuovere anche con i nuovi mezzi di comunicazione, caricare video per i provini, perché il primo step è il video poi se piaci vieni chiamato».

Ed è successo così anche per “Oliver”?

«Sì, il Musical vede come protagonisti dei bambini di grandissimo talento, perché è un riadattamento di “Oliver Twist”, il romanzo. Conoscevo il coreografo che era un mio insegnante, lui mi ha detto dei provini e sono piaciuto. Sono nel coro e nell’ensemble di ballo».

Quindi il lavoro non manca?

«Qui fare arte non è considerato un hobby, piuttosto è uno stile di vita ed è lavoro. Qui tutti vanno a vedere gli spettacoli. Ce ne sono tantissimi, ed è normale la sera pagare il biglietto per andare a teatro. Amo respirare questa energia, farne parte e fare arte ma anche fruirla. Poi per pagare le bollette arrotondo con altro, ma il mio visto è legato all’arte e quindi per esempio non potrei fare il cameriere. Per fortuna mio padre mi ha passato la passione per la fotografia, oltre ad avermi insegnato la tecnica nei rudimenti, quindi faccio shooting agli attori per esempio e quindi posso contare anche su questa professionalità. Poi qualora si entra in un circuito si viene pagati e quando si lavora anche perché appunto si tratta di lavoro».

Essere lontani da casa?

«Ci si chiama via Skype ad orari inusuali, ma il sostegno della mia famiglia è vitale e non finirà mai di ringraziarli per l’appoggio emotivo ma anche economico. Poi ho la fortuna di avere dei parenti in america tipo quando ti ammali avere qualcuno vicino ha un grande valore. Mi piacerebbe realizzare un mio spettacolo “Dear Evan Hansen” mai realizzato dal vivo e portarlo in Italia, parla dei giovani di oggi e ha delle canzoni splendide. Ho imparato che i sogni bisogna anche saperli realizzare quindi sono fiducioso».

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