L’INTERVISTA »LUCA BONO

Due serata con la magia di Luca Bono quelle che questo fine settimana riempiono di stupore l’Auditorium di Trento. Il giovanissimo artista anche autore dello spettacolo ripercorre il suo percorso...


di Katja Casagranda


Due serata con la magia di Luca Bono quelle che questo fine settimana riempiono di stupore l’Auditorium di Trento. Il giovanissimo artista anche autore dello spettacolo ripercorre il suo percorso umano e professionale, tra grandi illusioni, close up, manipolazione e coinvolgimento del pubblico, una formula originale e inedita per i palcoscenici teatrali che stupisce, emoziona, diverte e cattura gli spettatori di tutte le età. In scena l’artista porta un percorso spettacolare e tecnologico tra illusioni di grande effetto scenico ed emotivo, manipolazione di oggetti e close up. Regia e direzione artistica sono di Arturo Brachetti, che è anche scopritore e mentore di questo giovane talento. L’appuntamento è quindi in Auditorium di Trento sabato 21 aprile ore 21 e domenica 22 aprile ore 16.30 con Luca Bono che si racconta.

Un “One Man Show” che spazia in molte arti, quale di queste è quella preferita?

«Lo show, come la magia, si declina in molti aspetti che hanno delle specializzazioni. C’ è chi quindi è mentalista, chi illusionista, un po’ come la musica che ha molti generi. Ecco, per mantenere il paragone con la musica a me piacciono tutti i generi. Quindi racconto anche nello spettacolo quest’amore per tutta l’ arte della magia. Se poi devo proprio fare una scelta, forse il genere che più mi è caro è quello della manipolazione che è poi quello con cui ho iniziato. Quindi ho trasposto sul palco il close up che solitamente si fa in modo ravvicinato. Attraverso un led gigante anche il pubblico potrà subite lo stupore delle persone che saliranno sul palco per interagire».

Da questo punto di vista, se dovesse svelare un trucco, ci sono dei complici in sala?

«In realtà ci si deve fidare della parola di un mago, che però è un controsenso visto che il mago per sua ammissione crea illusioni. Quindi per rispondere alla domanda: no non ci sono complici, bensì illusioni e trucchi. E’ vero che faccio apparire delle colombe, ma non è che le materializzo, creo questa illusione. Chiunque però potrebbe farlo, la bravura è quella di saper creare illusioni e stupore».

Quindi anche Dinamo, la star tv, non ha complici?

«Essendo un format televisivo ha il limite ma anche la forza di avere una regia e il pubblico ha solo lo sguardo della telecamera, cosa che in teatro non accade. Ciascuno può decidere dove vuole posare la propria attenzione. Tuttavia i trucchi di Dinamo si possono fare, nel senso che non sono montaggi televisivi, ma illusionismo».

Come hai deciso di diventare Luca Bono il Mago?

«A causa di un incidente in go cart. Correvo perché la mia famiglia corre i rally e io fin da piccolo mi sono avvicinato a questo mondo. Mentre ero fermo in ospedale mio fratello mi faceva trucchi di magia e di lì mi sono appassionato e l’ho trasformato in una professione frequentando il circolo di magia di Torino, la mia città, che è particolarmente importante visto che di lì sono usciti i grandi come Brachetti o Perry».

Lo spettacolo?

«È uno spettacolo teatrale che racconta una storia in cui si incastonano i vari momenti di magia. Mi interessava raccontare la passione, lasciare un messaggio forte che parlasse di coltivare i sogni e vivere la passione per qualcosa. Se hai una passione prima o poi la realizzi, l’importante è crederci anche quando sei tentato di gettare la spugna».

Crede nel destino?

«Credo che il destino ce lo costruiamo con il modo in cui decidiamo di affrontare le prove che ci vengono date».

A chi dedichi lo spettacolo?

«A tutti, dai bambini ai ragazzi come me, ai grandi. So che piace perché poi a fine spettacolo chi viene mi incontra e me lo dice».

L’invito?

«A farsi stupire ed emozionare immergendosi nel racconto e nella performance. E poi nel portare domande, perché sono pronto a modulare lo spettacolo attorno alle curiosità e questioni del pubblico».

In Trentino è già stato?

«Sì lo conosco perché ci sono venuto con Arturo Brachetti, a Trento, Bolzano e anche Pergine Valsugana. Ci torno volentieri perché il pubblico è molto caloroso, cosa che in Italia anche se non c’è la cultura della magia alla fine, succede».

In che senso?

«Essendomi esibito all’estero, Canada, Francia per esempio, ho potuto fare esperienze in posti dove la magia si è completamente affrancata dall’idea che sia animazione per le feste di compleanno, come accade invece in Italia. Poi invece vedo che agli spettacoli il pubblico anche italiano risponde bene con entusiasmo e coinvolgimento. Credo poi che la formula teatrale possa ancor di più accontentare il pubblico, perché appunto ha un’emozione in più legata alla storia che racconta».

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