L'INTERVISTA davide van de sfroos 

«È il tour dell’emozione ritrovata e della voglia di condividerla» 

Il racconto. Il cantautore brianzolo, in concerto questa sera a Trento all’Auditorium Santa Chiara, apre il cuore e ripercorre il suo vissuto «Il popolo trentino è molto simile alla mia gente, parliamo di mondi fatti di solitudini, saggezza contadina e legata alla terra» 


Katja Casagranda


trento. Con il suo “Tour De Nocc” fa tappa questa sera a Trento il cantautore e scrittore Davide Van De Sfroos. Per molti si potrebbe parlare di un ritorno, perchè dopo quella che potremmo chiamare “euforia da fama sanremese”, in seguito alla sua presenza al Festival del 2010, ha voluto (come vedremo, come ci racconterà) tornare alla sua dimensione più vera, meno “esposta”. In scaletta, per il concerto trentino che è programmato nell’Auditorium Santa Chiara, con inizio alle ore 21, oltre ai brani più famosi del suo repertorio, che qui saranno però di fatto nuovi perchè proposti in veste totalmente rivisitata, anche alcune ballate inedite mai eseguite prima. Con lui, il gruppo composto da Angapiemage Galliano Persico, Riccardo Luppi, Paolo Cazzaniga e Francesco D’Auria.

In attesa di sentirlo dal vivo, Van De Sfroos si è raccontato, in questo dialogo aperto.

Come nasce Tour De Nocc?

«Nasce dopo un periodo strano, una lunga sosta dai palchi, un viaggio ad Aushwitz, il libro “Ladri di foglie” e la ricerca di me stesso e del trovare le motivazioni per affrontare questo lavoro, che è la musica, da un lato stupendo e dall’altro tremendo. Ho passato l’estate a suonare con la mia chitarra in situazioni improvvisate e location strane, come miniere, alpeggi, e situazioni conviviali estemporanee in cui ho cercato l’emozione e la risposta alla domanda se avevo ancora qualcosa da dire o da trasmettere, perché salire sul palco per mestiere ma senza trasmettere emozione, non è il caso che fa per me... Quando sali su un palco hai delle responsabilità precise. Ecco, Tour De Nocc nasce dall’emozione ritrovata e dal desiderio di condividerla in musica.

Emozione? Quale emozione?

Quella del viaggiare in notturna con sonorità jazz e swing che non snaturassero la natura mia folk, ma che dessero colori e suggestioni che arrivano dal blues. Sono le canzoni le protagoniste e io mi ci metto al servizio, tanto che la musica prende il sopravvento e in ogni serata può succedere di tutto, anche parentesi di improvvisazione musicale, oppure la voglia di presentare canzoni mai fatte ascoltare al pubblico... Molta parte la farà il feeling che si instaura nella serata con il luogo, il pubblico e il momento. Sono sicuro che a Trento ritroverò quel pubblico che ho conosciuto, generoso, attivo e con una luce particolare negli occhi.

Quindi c’è voglia di tornare in Trentino?

Il popolo trentino è molto simile alla mia gente, parliamo di luoghi di montagna e di guerra che ho spesso cantato nelle mie canzoni. Mondi fatti di solitudini, saggezza contadina e legata alla terra. Quella saggezza alla quale ho fatto appello, anche grazie al mio amico Mauro Corona, dopo il vero bagno di folla di San Siro.

Un bel traguardo?

Dipende. Se essere lì vuol dire accettare troppi compromessi che ti snaturano, rischi di perderti, così come è successo a me. Io non sono Vasco Rossi, San Siro non è la mia dimensione... Il marketing non mi appartiene, o meglio non quel marketing. Mi sono ritrovato destabilizzato e non libero. Così ho intrapreso un viaggio, come uno sciamano, ma per ritrovarti prima devi perderti, quindi sono grato anche a quel momento doloroso e di crisi. Sul palco un artista comunica e io ho sentito la responsabilità di quale energia amplificassi e diffondessi. Ho quindi dovuto recuperare umanità e sono andato alla ricerca della mia credibilità, che ritengo sia più importante delle cifre del marketing.

Quindi un viaggio dentro se stessi?

Credo sia importante essere consapevoli di quando si sta male e avere il coraggio di ammetterlo e di chiedere aiuto. Ci tengo che questo messaggio passi e soprattutto arrivi ai giovani.

Oggi vedo attorno a me un periodo difficile, in cui tutti sono a rischio, in cui abbiamo lordato persino la terra su cui viviamo, inconsapevoli che abbiamo messo a rischio la nostra sopravvivenza. Tutto sembra impazzito e dobbiamo ritrovarci, ciascuno ne ha la responsabilità, prima di tutto verso se stesso e poi verso gli altri e la natura. Siamo energia, possiamo solo decidere di che vibrazione vogliamo vibrare. Io racconto storie come “uomo-medicina” e la mia musica amplifica tutto questo. Ma per poter fare questo, prima ho dovuto curare me stesso. Oggi la fisica quantistica sta spiegando tutto questo: non è stregoneria, è consapevolezza e scienza, ma è anche istinto naturale e umanità e le canzoni sono possibilità. Non è più tempo di pensare al proprio orticello, fregandosene dell’universo, quando siamo chiamati all’appello e i nodi vengono al pettine ciascuno deve fare la sua parte. Ecco, io lo faccio con la musica».

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