La tre giorni di fuoco delle “formiche operose” 

Il lavoro, la stanchezza, la preparazione, la solidarietà e l’abnegazione dei vigili  del fuoco volontari di Primiero durante le 72 ore più dure degli ultimi 50 anni


di Raffaele Bonaccorso


PRIMIERO. Potrebbe sembrare retorico parlare dei vigili del fuoco, o dei soccorritori in genere in casi di eventi calamitosi, chiamandoli “angeli”. Non ci spingiamo fino a queste note così alte, ma definirli persone speciali, ci sta tutto. E per capire meglio il loro essere speciali non conta tanto vederli operativi nel corso degli interventi, perché è un fatto assodato che vedono tutti, vale la pena invece vederli nelle loro caserme - in questo caso stiamo parlando di vigili del fuoco, e ancor più “volontari” - dove sembrano delle “formiche operose”, puntuali, pronti, ognuno con il proprio compito, autosufficienti, soprattutto senza mai sbuffare o lamentarsi, o replicare alle disposizioni del comandante.

Sono state tre giornate – e due nottate – di fuoco quelle di questo fine ottobre. Da ricordare per la paura generata nella popolazione, per gli ingenti danni causati, per le difficoltà di come stavano andando le cose e per le certezze nel vedere in giro i mezzi dei vigili del fuoco volontari, i loro lampeggianti lontani nella notte – «stanno lavorando», si diceva … – la loro prontezza negli interventi dove chiamati, la loro professionalità nell’operare, il loro “decisionismo”, la loro insistenza nel cercare di risolvere il problema (restando tutta la notte sul posto, anche se a turni). Ed ecco che poi, entrando nella sala operativa radio di una delle caserme del Primiero, vedi un vigile del fuoco, giovane, robusto, stirato alla meglio su una sedia - poltroncina che a fatica lo contiene, dormire, con le mani conserte, vestito di tutto punto da pompiere, indifferente al gracchiare delle trasmittenti, ai dialoghi radio dei colleghi e al trambusto che viene dalle altre sale. «Ha fatto la notte, non è voluto andare a casa - dicono i suoi colleghi alzando le mani. E lo lasciamo dormire - così è qui pronto». Anche questo sono i vigili del fuoco volontari. Ma non è stato l’unico. Alcuni vigili, capi squadra, vicecomandanti, comandanti hanno dormito 2-3 ore per notte, chi nella stessa caserma, chi facendo una scappata a casa. Perché anche i vigili hanno famiglia. E mogli che portano i vestiti di ricambio direttamente in caserma.

Ma restando nel settore delle “quote rosa” era bello vedere vigilesse perfettamente operative, pronte a salire sui gipponi, scendere da essi sotto la pioggia per spostare alberi, per guidare manovre, per dare ordini. Per non parlare dei tanti vigili giovani, nuove leve, nuova linfa necessaria per mantenere una tradizione invidiata da altre comunità italiane, perfettamente addestrati, professionali nonostante l’età. Altro che discoteche o qualcos’altro ancora.

Ed ancora, entrare in una caserma e sentire per le scale profumo di pasti cucinati, affacciarsi nella cucinetta e vedere tre ragazze, giovanissime, ai fornelli che preparano qualcosa da mangiare per i vigili in pausa. Ma non è mancato il pizzaiolo che nei “tre giorni di fuoco” ha portato direttamente in caserma le sue pizze senza chiedere nulla, o il fruttivendolo con una cassetta di frutta, o ancora il titolare di un albergo con tre vassoi di muffyn e plumcake appena sfornati. «Sono cose che fanno piacere, che ci rincuorano», dice un vigile quasi imbarazzato. Ma la riconoscenza per quanto hanno fatto in questi giorni è unanime ed espressa in tutte le forme: direttamente agli interessati, sui mezzi social, con telefonate, con riconoscimenti pubblici da parte degli amministratori.

Abbiamo parlato dei vigili del fuoco volontari, forse perché più visibili e più raggiungibili nelle loro caserme, ma la riconoscenza per quanto hanno fatto è stata unanime anche per tutti gli altri soccorritori, dai volontari del soccorso alpino, ai forestali, alle forze dell’ordine, carabinieri e guardia di finanza ed altri volontari civili e uomini delle imprese locali. «Primiero ha dimostrato che nel bisogno sa fare squadra, sa fare sistema. E questo è molto importante per una comunità», ha detto un amministratore locale. Ed è vero.













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