domenica a mori 

In 300 a “scoprire” la Adige Garda 

Occasione imperdibile per la presentazione del nuovo libro del Mag


di Donato Riccadonna


MORI. Un fiume di persone alla galleria Adige Garda a Mori. Erano 300 e forse qualcosa di più e provenienti dal basso Trentino, dall’Alto Adige e dal veronese e vederle avanzare tutte assieme sembrava il Quarto stato, il famoso dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Del resto l’occasione era unica o quasi: l’apertura della galleria e della presa sul fiume Adige per presentare il nuovo libro del Museo Alto Garda “I ghe ciameva lingere de galeria. Storia degli uomini che hanno costruito la galleria Adige Garda 1939-1959”, che si può trovare in edicola come allegato in esclusiva con il Trentino, a 9,80 euro. E quale luogo migliore se non la galleria stessa sul cui cemento della volta è stato proiettato il film muto di Arturo Bini del 1960 sui lavori e la cui enorme cavità ha fatto da cassa di risonanza alle parole lette da Rosanna Sega dei numerosi testimoni che hanno avuto a che fare con la sua costruzione? E alcuni erano presenti fisicamente a raccontare le loro avventure: Silvano Leonardi di Pregasina autista dei dumper, Valeriano Onorati di Stumiaga e Elio Bertolini di Mori che lavoravano nei cassoni, uno dei lavori più pericolosi. E poi tanti nipoti e figli di lavoratori che ora non ci sono più. Perché erano centinaia i dipendenti della Federici Galluppi, o della Farsura o ancora della BB di Roma. E poi quel mistero, svelato dalla ricerca di Marco Faraoni e dalla testimonianza di Oscar Pomino, calato sul periodo a cavallo della seconda guerra mondiale in cui la galleria era costruita per due tronconi non comunicanti, uno a Mori e uno a Torbole in cui si era installata la Caproni, con una sezione che stava producendo una nuova arma, dei minisommergibili a reazione alla cui costruzione stava lavorando Secondo Campini, un genio dell’aviazione che tra il 1943 e il 1945 si trova proprio sul Garda tra Forte San Nicolò e la galleria Adige Garda a Torbole. Forse è stato proprio questo il motivo dell’arrivo a Torbole della divisione di montagna dell’esercito Americano il 1° maggio del 1945. Insomma la galleria Adige Garda è uno di quei manufatti che hanno non solo cambiato la conformazione fisica di un territorio, cancellando di fatto il lago di Loppio ma con l’obiettivo di salvare Verona e il Polesine da straripamenti dell’Adige, ma anche la composizione sociale degli abitanti, contribuendo al cambiamento economico della popolazione che finalmente si poteva permettere di pagare i debiti alla Famiglia Cooperativa. L’iniziativa di “Sguardi aperti” del Museo Alto Garda e del Muse (con la sede territoriale di Ledro), in collaborazione con il Servizio Bacini montani della provincia e con Araba Fenice di Arco e Arci di Mori, ha voluto proprio far luce sul paesaggio e sulle sue trasformazioni parlando di uomini e delle loro storie, e cioè di coloro che quando uscivano dalle viscere della terra tutti sporchi e inzuppati dovevano sembrare dei veri e propri eroi. E in fondo lo erano veramente. Ecco perché a tanti anni di distanza il loro ricordo è ancora tanto vivo e la gente accorre numerosa: è come se vedessero in uno specchio la loro storia.















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