Colli Zugna, chiusa l’indagine dei Nas 

Venerdì sentito l’ex direttore Tranquillini. Ora tocca a De Angelis. Decine di soci rischiano di finire tra gli indagati


di Luca Marsilli


MORI. Dopo più di tre mesi (il blitz alla cantina Colli Zugna e del gennaio scorso) i Nas hanno praticamente finito il loro lavoro e a giorni consegneranno tutto al procuratore De Angelis. Novità dell’ultimo minuto: venerdì scorso si è presentato da loro l’ex direttore Luciano Tranquillini. Una deposizione spontanea che secondo il magistrato ha di fatto confermato globalmente quanto ormai accertato dall’indagine e consentito di chiarire meglio alcuni passaggi. Ma non avrebbe aggiunto granché, né dal punto di vista della comprensione di cosa sia successo né da quello delle responsabilità individuali (inclusa la sua). Anche tutte le analisi sui campioni di vino prelevati alla Colli Zugna sono state completate e gli esiti sono nel fascicolo. Adesso viene la parte più complicata e probabilmente “dolorosa”: tradurre la mole enorme di dati raccolti in una sorta di narrazione. E trarne le conseguenze giuridiche. Perché se nel riserbo quasi assoluto di questi mesi una cosa si è potuta capire, è che ai 7 indagati iniziali e attuali non possono non aggiungersene decine di altri. Tutti i soci che in qualche modo e misura hanno goduto degli ipotizzati raggiri alla normativa sul doc. Si parla, ma qui siamo veramente alle voci, di una quarantina di persone e di circa un milione di litri di vino (sui sette posti in origine sotto sequestro) destinati al declassamento.

Per chiarire le pecche gestionali (e quindi accusare soci e gestori) più delle analisi sofisticatissime sarebbe stata decisiva tutta una serie di annotazioni, note, documenti ufficiosi che si affiancavano alla contabilità ufficiale. Rinvenuti nel corso delle perquisizioni domiciliari (22 tra case e uffici) effettuate la mattina del blitz. Semplificando molto, si sarebbero aggirare le norme sul doc che fissano dei limiti di produzione per ettaro distribuendo superi e carenze produttive tra i diversi soci. Dal punto di vista dei coltivatori visti come insieme, un modo per ottimizzare la resa, ma da quello delle norme, una frode. Per capire: il disciplinare prevede che per ottenere il doc si debbano rispettare delle produzioni massime per ettaro stabilite. Oltre quelle quote si ritiene che la qualità dell’uva peggiori e quindi se si supera il tetto, tutta la produzione viene declassata. Capita però che ci siano annate generose e annate scarse, ma anche nella stessa annata campi che producono molto e altri, magari colpiti da gelate, poco. Magari si realizzano nuovi impianti, e quelli producono nulla. Mettendo i superi a colmare le carenze, si livella facendo figurare una produzione ottimale di tutti. Resta da capire quale vantaggio ne potesse ricavare la cantina (quello dei singoli soci è palese) e soprattutto verificare chi avesse ideato, gestito o anche solo conosciuto questa seconda contabilità. Sono le persone che chiusa l’indagine probabilmente finiranno a processo.

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