l’intervista

Valduga guarda avanti: «Lavoriamo per unire i trentini»

Parla il candidato del centrosinistra alle Provinciali di ottobre: «Siamo nel Nordest, ma dobbiamo tenere un rapporto forte con il Sudtirolo, verso l’Europa»


Paolo Mantovan


ROVERETO. Francesco Valduga si muove e parla “come se”. Chi lo conosce sa che lui è sempre stato così, con quella consapevolezza così marcata, con quella capacità di ascolto che nasconde sempre un “sì, lo so”. E ora, di fronte alla sfida che lo attende il 22 ottobre, lui parla “come se” fosse già in procinto di governare, di gestire la Provincia autonoma, di riconsegnare all’area della buona amministrazione il timone temporaneamente lasciato in mano ai “sovranisti populisti”.

A chi gli chiede se ha intenzione di fare un tour nelle valli, con il camper e gli scarponi, Valduga risponde che lui si sente già pienamente radicato nel Trentino, nel Trentino tutto, ma che ovviamente a breve partirà una fase di ascolto, assolutamente, ma poi nelle valli e in tutti i centri Valduga ritornerà per presentare un programma definito dell’Alleanza democratica autonomista.

Valduga, dopo una lunga gestazione della sua candidatura, adesso è già tempo di andare in tour nelle valli.

Il tema, come lei ben suggerisce, è governare il territorio. E lo si fa attraverso azioni concrete. Perché la politica possa svolgere questo ruolo non può prescindere da una fase di ascolto.

E lei lo farà?

Sì. Certo. Il tema non è nuovo per chi già, come me, è amministratore: il territorio che amministro, Rovereto, non è un’isola: occorre spalancarsi sempre in ampie relazioni. Adesso è il momento di ampliare questo ascolto alle categorie, alle associazioni, ai professionisti. Questa prima fase sarà meno evidente dal punto di vista mediatico.

Perché lei non ha grande confidenza con gli strumenti mediatici, i social...

Devo confessare che sono un po’ stanco di questa storia che Valduga comunica poco. Credo si debba essere attenti a non far diventare quegli strumenti “gli” strumenti. Il virtuale non sempre si sovrappone al reale, anzi.

È una critica a qualcuno in particolare?

Beh, credo sia uno sport di tanti quello di annunciare e poi non far seguire atti concreti.

Lei si sente già percepito dal territorio, dalle nostre vallate?

Guardi che il sindaco di Rovereto, che di professione fa il medico, non è avulso dalle dinamiche del territorio.

Certo che no. Ma ora si tratta di fare un “upgrade”, mi scusi (se mi legge Rampelli che infilo termini in inglese...) un salto in avanti, un aggiornamento superiore: oltre ciò che lei è e rappresenta, ora lei si proporrà come candidato presidente di un’ampia coalizione.

E difatti ora abbiamo già avviato la fase dell’ascolto. Ieri ero a Cavalese, tanto per fare un esempio. Poi, dopo la fase di ascolto, come coalizione delineiamo il programma anche nelle sue sfumature e a quel punto c’è la fase successiva, la presentazione.

Una fase di comunicazione capillare del programma?

Di più. Oltre a presentare ciò che faremo cercheremo anche di costruire una leadership diffusa: una classe dirigente che sia competente.

La ricerca dei candidati?

Non solo candidati. So che nella coalizione ci sono le competenze e c’è il coraggio di mettersi in gioco. Però occorre coinvolgere anche altri. Andremo a cercare persone sia nella fase di ascolto che di presentazione. Ora è venuto il tempo della generosità, non del ritiro nel privato. C’è bisogno di lavorare insieme per il nostro Trentino, per la nostra autonomia. Non solo candidandosi, ma anche partecipando in tante altre posizioni che portino partecipazione, che portino innovazione, che portino intelligenza.

E lavorerà per unire città e valli?

Il rapporto città-valli deve recuperare la forza che ha saputo dare in altri periodi in Trentino: un rapporto forte nella consapevolezza che se si sta tutti insieme tutti noi vinciamo. Lo stare insieme è la cifra del lavorare, non distinti e “contro”, ma uniti e “per”, con formule consentite dalla nostra originalità dell’autonomia speciale.

E guarderà all’Alto Adige o alla macroregione del Nordest?

Non si devono chiudere i rapporti né col Nordest, né con le altre regioni alpine, né con l’Emilia Romagna. Ma noi dobbiamo principalmente guardare a nord e quindi in primo luogo al Sudtirolo, senza complessi di inferiorità e cercando, dove possibile, di essere l’un l’altro complementari, nella salute, nell’energia, nell’ambiente, nei trasporti. Abbiamo storicamente una grande confidenza con il Veneto (il rapporto storico fra Rovereto-Venezia lo testimonia) e non mi sfugge quanto possa essere positiva una osmosi con il Veneto, ma neppure mi sfugge il rischio di omologazione nella fase in cui si parla di autonomia differenziata mentre noi siamo in asse col Sudtirolo e guardiamo a nord, visto che la nostra autonomia è ancorata in Europa. Se abbiamo possibilità di sviluppo è in quella direzione.

Sulla sanità c’è già una linea condivisa nella sua coalizione?

Certamente. C’è il tema di alcune strutture che diventa occasione per ripensare il modello sanitario.

Il nuovo ospedale di Trento e quello della val di Fiemme?

Sì. Io ritengo che la sanità sia fatta soprattutto di risorse umane. Bisogna rimotivare gli operatori sanitari, bisogna riconoscere il loro ruolo, bisogna che la Provincia e l’Azienda sappiano offrire un unico grande comparto che dialoghi, con una chiara suddivisione di ruoli e mansioni.

Per essere più precisi?

Credo che i casi acuti riguardino determinati ospedali, ma le altre patologie e le criticità devono essere seguite dentro una rete.

Quindi occorre una nuova sanità territoriale?

Dev’esserci un coinvolgimento maggiore dei medici di medicina generale e devono esserci servizi da portare a domicilio dei pazienti. Non si deve dare tutto dappertutto, ma occorre dare la piena qualità dell’assistenza.

È questa la parola d’ordine: qualità?

Sì. Alcune prestazioni sono di maggiore qualità se fatte in alcune strutture, altre sono più di qualità se prestate vicino al paziente, a casa, nei centri diurni, all’ospedale. E occorre anche la giusta distribuzione dei carichi di lavoro degli operatori: anche così si ha maggiore qualità.

Sulla scuola?

Va potenziato il lavoro che si sta facendo con l’Università: occorre espandere l’alta formazione.

Vuol dire: “si può fare di più”?

Io direi “si può fare ancora di più”. Ma oltre a questo è necessario puntare sulla scuola perché è lì che si fa formazione dei cittadini, e ciò ha a che fare con la vita della comunità, con i suoi ritmi, con la divulgazione.

Vanno rimotivati gli insegnanti.

Assolutamente. Deve essere riconosciuto il ruolo centrale dei docenti nella costruzione della nostra società. Ma riconoscere la funzione sociale non basta: occorre valorizzarla con aggiornamenti e crescita anche economica.

Mi sembra lei sia impegnato a costruire un telaio sulle risorse umane.

Esatto. E le dico che, se non mi sfugge il ruolo di chi fa impresa e inventa e rischia ogni giorno, non mi sfugge nemmeno che c’è tutto il comparto pubblico da incentivare.

Quindi, un rinforzo della Pubblica Amministrazione?

Parlo di motivazioni. Dobbiamo far capire quanto è utile e affascinante lavorare nella pubblica amministrazione. Chi ha le competenze e le sa usare nel pubblico, beh, fa volare il territorio. Basta con questa storia che se lavori nella pubblica amministrazione sei un privilegiato, basta: perché lì si costruisce. E quindi le rispondo sì, dobbiamo fare un grande investimento sul capitale umano. C’è un bisogno straordinario di questo nostro capitale.

Soddisfatto della investitura, nonostante certe lungaggini?

Sono soddisfatto della unione nella costruzione di un’alleanza ampia: ora è il tempo di unire, non di dividere.

Il suo ruolo qual è?

Un leader deve saper promuovere coesione e trasversalità della squadra: su questo farò il possibile.

Intanto ha già detto che terrete fuori i Cinquestelle.

Vede, i Cinquestelle hanno puntato troppo sull’antipolitica. E questo non aiuta a costruire ma a distruggere.













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